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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 07:45.

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Nella biografia di Pietro Barilla compaiono trenta volte la parola amore e quindici volte la parola passione. Amore e passione, usati alla stregua di sinonimi, verso la sua famiglia e il Paese, la sua impresa e i suoi operai.
Questi due termini, tanto totalizzanti da includere sia la sfera intima sia il progetto razionale, costituiscono il duplice centro da cui si irradia il racconto di Pietro Barilla:

Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio. Un libro scritto dal sociologo Francesco Alberoni con una tecnica, l'intervista inventata, che ne rende godibile la lettura. Un saggio che sembra, prima di tutto, improntato al motto di un'altra personalità del Novecento italiano, lo scrittore Geno Pampaloni: fedeli alle amicizie.
L'amicizia specifica fra Alberoni e Pietro Barilla, tanto che una patina emotiva rende scintillante di affetto l'intero libro, originato dall'occasione dei cento anni dalla nascita di Pietro. E l'amicizia come generale filosofia di vita, e quasi come tecnica gestionale dell'impresa, di un Barilla che si mostra come uno dei personaggi che, senza la natura felina e feroce che contraddistingue molti capitani di industria, ma invece con un tratto elegantemente dolce hanno reinventato l'Italia e gli italiani, usciti pieni di voglia di vivere e di fare dalle macerie e dalle tristezze della seconda guerra mondiale. Una italianità molto emiliana, divertente e ironica, volitiva e pragmatica, che riesce ad amare - appunto - la vita, nonostante la violenza della campagna di Russia e le asprezze della guerra civile, per dirla alla Claudio Pavone. Una spinta che, nonostante i riflessi chiaroscuri che hanno contraddistinto la storia del nostro 900 riflettendosi in una vicenda industriale segnata da alti e da bassi, è rimasta il cuore caldo della sua vita e della sua attività imprenditoriale.

Una vita segnata da due episodi di sprovincializzazione: l'esperienza nel 1929, a soli 16 anni, in Germania, dove - mandato dal padre Riccardo, fondatore dell'azienda - fa il primo incontro con la via continentale a un fordismo tutto tecnologia e organizzazione e il viaggio nel 1950, a 37 anni, negli Stati Uniti, per la consegna a Hollywood del premio Nastro d'argento all'attrice Alida Valli. «Ho visto quello che non c'era in Italia, che forse non potevi nemmeno immaginare - fa dire Alberoni a Barilla - : una società fondata sui consumi privati, sulla marca, sulla concorrenza, sulla pubblicità. Nel settore della pasta tutto era confezionato. Mi sentivo avvilito, costoro erano enormemente più avanti di noi, ancora sprofondati nella miseria. Ma sentivo che anche noi saremmo cresciuti, ne ero certo, perciò dicevo a me stesso: appena torno cambio tutto».
Al suo ritorno dagli Stati Uniti, cambia tutto. E lo fa secondo una miscela di alto e basso che risponde al carattere classico della "emilianità" fissato da Edmondo Berselli. Coinvolge gli intellettuali che vivono a Parma o che vi tornano, nei finesettimana, da Milano. È ai tavolini del Caffè Otello che nasce uno dei più celebri ritornelli della pubblicità italiana. Ci sono Barilla, il giornalista Orio Vergani, il grafico Erberto Carboni e il critico cinematografico Pietrino Bianchi. A un certo punto, ricorda Barilla-Alberoni: «Pietrino Bianchi ha scritto qualcosa su un tovagliolo di carta e me l'ha passato. Io ero molto incuriosito e ho letto la frase: "Con pasta Barilla è sempre domenica!". Te lo ricordi anche tu: allora la gente lavorava duro e faceva un vero pranzo solo la domenica. L'idea era geniale. Orio è rimasto a bocca aperta. Dovevo averla aperta anch'io perché Pietrino ha dovuto scuotermi: "E allora?". Carboni era entusiasta. Ripensandoci oggi ne sono ancora commosso e stupito. È stato un successo clamoroso».

C'è, dunque, il rapporto fra intellettuali e industria, motivo ricorrente nella storia economica italiana. E c'è la modernizzazione organizzativa con il contributo nel 1955 della società di consulenza Pietro Gennaro e Associati («Hanno applicato il metodo Olivetti: hanno steso un vero e proprio manuale dell'organizzazione in cui erano ripartite le deleghe, assegnate le responsabilità, descritti ruoli e mansioni, messo a punto il meccanismo di gestione del budget»). Fra riorganizzazioni e investimenti in tecnologia e macchinari, la Barilla arriva pronta agli anni 60, il decennio che sancisce la trasformazione dell'Italia in sistema industriale e in società dei consumi, che si determinano attraverso i mezzi di comunicazione di massa, i giornali e la radio e soprattutto la televisione.
Un processo rapido e tumultuoso in cui la Barilla contribuisce a formare gli italiani, i loro gusti e la loro quotidianità. Una vita di corsa, quella di Pietro Barilla, riassunta dal bel racconto della nascita del primogenito Guido, nel 1958: «Una notte Marilena mi ha svegliato dicendo: "Pietro mi sento male, secondo me sta per nascere!". Siamo partiti subito e alle due del mattino abbiamo fatto il viaggio da Parma a Milano in Ferrari a velocità folle - l'autostrada non esisteva ancora. Allora mi piacevano le macchine veloci ed ero un buon pilota. Guido è nato poche ore dopo».

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