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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2013 alle ore 07:43.

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IIl nuovo Governo Letta, nato dall'emergenza e dai contrasti insanabili tra i partiti, ma cementato dalla superiore visione dell'interesse nazionale del presidente Napolitano, deve essere orientato pragmaticamente a risolvere i problemi. Soprattutto dell'economia reale, che è la grande malata del nostro Paese.

Oltre ad affrontare le ferite interne più urgenti e laceranti (disoccupazione, crisi della domanda domestica, crescente numero dei fallimenti di imprese, aumento delle sofferenze bancarie, pagamento dei debiti arretrati della Pa), il nostro nuovo Governo deve anche agire rapidamente in Europa. Deve subito recuperare la credibilità ricostruita a Bruxelles da Monti. Una credibilità che, sia pure non accompagnata da un adeguato aumento della nostra capacità di contrattazione, era risalita ma poi si è nuovamente incrinata dopo quattro penosi mesi di incertezza politica, che ci hanno quasi riportato al novembre 2011: cioè a dove eravamo partiti, quando eravamo in piena crisi di fiducia dinanzi agli occhi del mondo e lo spread era ai massimi.
Nell'ultimo anno e mezzo l'Italia i cosiddetti "compiti a casa" li ha fatti con impegno, ma a Bruxelles e nel Nord Europa il nostro Paese viene sempre guardato con diffidenza e pregiudizio, come lo studente a cui è appiccicata addosso una cattiva fama che non riesce a far dimenticare. Infatti, per quanto l'Italia si sforzi di migliorare, sembra rimanere perennemente relegata con gli ultimi della classe, cioè con la Grecia e ora anche con Cipro.

La grande liquidità presente sui mercati tiene oggi bassi gli spread ma non ci aiutano certamente le ripetute "sparate" sui media tedeschi di Beppe Grillo, che profetizza la bancarotta dello Stato italiano in autunno a dispetto del fatto che il nostro Paese, numeri alla mano, potrebbe presto uscire dalla procedura d'infrazione europea. Far confusione non serve. È tutta pessima pubblicità per l'Italia, di cui in questo momento non abbiamo proprio alcun bisogno. Veniamo da vent'anni di dura lotta politica basata sulla autodistruzione progressiva della nostra immagine a livello internazionale, con i vari partiti che si sono ripetutamente rinfacciati l'uno con l'altro la colpa di aver portato alla rovina l'economia italiana. Auguriamoci di non dover andare avanti per altri vent'anni nello stesso modo, senza che nessuno si adoperi per trovare finalmente delle soluzioni concrete ai problemi reali.
Intanto cominciamo a ricompattarci attorno al Paese. Che ha fatto, soprattutto a livello di famiglie e imprese, sacrifici durissimi (speriamo non per niente) e che quindi dovrebbe ora passare a riscuotere in Europa ciò che gli è dovuto.

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