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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2013 alle ore 14:17.

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Il Festival dell'economia di Trento, appuntamento straordinario e punto di riferimento unico in Italia, compie oggi otto anni ed è questa l'occasione per discuterne con uno dei suoi animatori della prima ora, Giuseppe Laterza, presidente della omonima società editrice.

Chiediamo, seduti in un caffè di Piazza Duomo, se il modello del festival, che è stato imitato a Lione, a Salamanca in Spagna e in Irlanda, funziona o se ha bisogno di una rivitalizzazione. «Il modello del festival funziona come testimonia il successo in questi anni di tante manifestazioni: si calcola che ogni anno ci siano più di nove milioni di presenze, non di persone, nei vari festival culturali italiani. Ogni festival però, come quello di Trento che ha avuto un successo straordinario fin dall'inizio, deve rimettersi in discussione». Quindi fin da luglio gli organizzatori, con tutti gli attori del festival, cominceranno a discutere non solo del tema che cambia ogni anno, ma anche del modo di svilupparlo, dei formati editoriali, del tipo di persone da invitare.
Così, ogni anno bisogna inventarsi una modalità nuova perché il pubblico che viene ha il piacere di ritrovare alcuni protagonisti del passato, tra cui Enrico Letta che quest'anno viene al Festival ed era già stato negli anni scorsi, «però ci vogliono anche delle novità, di persone e di formati» in un mix dal difficile equilibrio, tra vecchio e nuovo, tra innovazione e continuità.

Sembrano comunque passati i tempi in cui il compianto Tommaso Padoa–Schioppa doveva cambiare luogo di discussione perché c'era troppa gente all'ingresso e bisognava predisporre due schermi supplementari in piazza. «Il primo anno non avevamo previsto di usare l'Auditorium rispetto al Teatro sociale; poi lo abbiamo utilizzato sempre più spesso». Quest'anno, sapendo già dall'inizio che c'erano tante persone, gli organizzatori hanno puntato da subito sugli ambienti più capienti. Inoltre, Trento ha un grande vantaggio: non costringe gli economisti a parlare davanti a più di mille persone perché i magnifici palazzi della città hanno il video-collegamento, così un economista come Kaushik Basu (a Trento ha presentato il suo ultimo libro Oltre la mano invisibile. Ripensare l'economia per una società giusta) che, pur essendo un consigliere della Banca mondiale e del governo indiano, non è molto conosciuto al grande pubblico, «è stato ascoltato da più di cinquecento persone perché c'erano tre sale in videoconferenza che raggiungeva un vasto numero di persone senza arrivare a una comunicazione da stadio».

Il Festival è una creatura in cerca di equilibrio tra divulgazione e rigore scientifico. Se poi si invitano i politici l'attenzione dei media inevitabilmente si concentra su di loro e non sulla rassegna. Un rischio che non pare preoccupare gli organizzatori, secondo cui il Festival è stato anche il Festival della politica nel senso che «l'economia è un modo per misurare la bontà della politica». È uno dei modi per valutare la concretezza, la serietà di una proposta. Così gli organizzatori hanno invitato a Trento filosofi, giuristi, storici a discutere del tema insieme agli economisti, ospitando un ministro dell'Economia o il presidente della Camera come avvenuto l'altroieri: questo significa chiamare la politica al confronto con i problemi reali. «Economia vuol dire questo: confrontarsi con il Paese reale».

Ieri Thierry Vissol, consigliere alla Commissione europea di Roma, ha proposto la nomina diretta del presidente dell'Unione a suffragio universale e di far convergere in un'unica figura il suo ruolo e quello del presidente della Commissione. Oppure l'economista Andy Haldane ha proposto una controriforma delle banche too big to fail. Idee lanciate in piazza senza timori reverenziali perché le proposte importanti vanno avanti solo se sostenute da un forte consenso dei cittadini e «questo consenso dei cittadini si fa creando le opinioni, di leopardiana memoria. Nel 1827, Leopardi scrive nel Discorso sugli Italiani che "la forza e le leggi contano poco, senza i costumi e i costumi si fondano sulle opinioni". Che non sono le idee, perché se le idee rimangono costrette a pochi non si fanno consenso». Se invece le idee, come quelle degli economisti o di altri, diventano opinioni, diventano qualcosa che entra nel senso comune, che le persone condividono e che muove anche la politica.

Gli organizzatori credono che a Trento succeda che ci si confronti anche su idee audaci, un'occasione per quelle idee per diventare opinioni, attraverso i giornali, gli incontri pubblici, quindi un buon modo per esercitare la democrazia. «L'economista indiano Amartya Sen - conclude Giuseppe Laterza - scriveva che se si dovesse dare una definizione di democrazia, più che le elezioni, la democrazia è qualità del dibattito pubblico: in questo senso l'esercizio della democrazia presuppone l'agorà, l'ambiente aperto come è il Festival di Trento».

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