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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2013 alle ore 09:59.

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Rotelli, il re della sanità che amava l'editoria

Teneva molto al titolo di «professore», Giuseppe Rotelli, il re della sanità lombarda scomparso a Milano a 68 anni, dopo aver lottato per due anni contro il male. Non tutti però sapevano che il suo curriculum accademico non continuava in linea retta quello del padre Luigi, famoso chirurgo e fondatore del Policlinico San Donato. Rotelli jr, invece, aveva iniziato da giovane laureato a insegnare diritto romano: all'Università di Torino, alla scuola prestigiosa di Giuseppe Grosso (ma non mancò un sodalizio intellettuale con Bruno Leoni).

Solo negli anni '80 il professore-avvocato Rotelli era approdato alla cattedra di organizzazione e legislazione sanitaria alla Statale di Milano: la prima in Italia. Per un pavese come Rotelli il mondo accademico era del resto "cortile di casa" e le discipline regine non potevano che essere giurisprudenza e medicina: quelle che, indissolubilmente, hanno fatto da radice a un singolare cursus di tecnocrate, imprenditore, finanziere, sempre rigorosamente lombardo. È nello staff del primo presidente della Regione Lombardia - l'imprenditore Piero Bassetti, cattolico democratico - che Rotelli si affaccia su una sanità ancora prevalentemente pubblica e marcata da rigidi muri verso l'iniziativa privata. Ed è a Milano che - con altri giovani esperti come Valerio Onida e Franco Bassanini - redige un "piano ospedaliero regionale" pionieristico nell'aprire gli orizzonti di un welfare federalista, nel quale l'assistenza pubblica venisse messa in competizione con quella privata. E' innestata in quest'esperienza una lunga serie di incarichi pubblici: presidente del comitato regionale per la programmazione sanitaria della Lombardia; coordinatore degli esperti delle università lombarde, per il primo progetto di piano sanitario regionale; consulente scientifico del ministero della sanità e della ricerca scientifica; presidente dell'Istituto per la scienza dell'amministrazione pubblica.

Nel percorso personale di Rotelli la svolta decisiva matura però nel 1980: a 35 anni, assume la guida del Policlinico San Donato, già allora istituto a carattere scientifico. E' sotto la sua guida che il San Donato - in uscita da Milano verso Pavia - diventa una delle più importanti cliniche universitarie italiane: il piedistallo di un gruppo sanitario che conta oggi su 18 strutture, che nel 2012 ha sfiorato un fatturato pre-consuntivo di 830 milioni di euro, ma soprattutto i 2,6 milioni di pazienti/anno. La cifra a cui Rotelli certamente teneva di più è quella dei 60mila interventi all'anno eseguiti dalla cardiochirurgia: la punta di diamante del Gruppo San Donato, assieme all'ortopedia. Altri numeri possono precisare lo sviluppo ei traguardi di un'avventura imprenditoriale: gli oltre 3.800 posti letto di un network che ha via via inanellato brand storici e prestigiosi (come la Casa di cura Madonnina di Milano), impegnando oggi 2.500 medici specialisti.

Da poco più di un anno nel "polo Rotelli" è entrato a far parte anche l'Ospedale San Raffaele. E' stato al «professore» che - dopo l'osplosione della crisi finanziaria del nome forse più altisonante della sanità privata lombarda - è stato affidato un rilancio difficile: seguito alla scomparsa di don Luigi Verzé, a una serie di tentativi di salvataggio infruttuosi e all'apertura di pesanti indagini giudiziarie sulla vecchia gestione.
Negli ultimi anni Rotelli (che lascia la moglie Gina e tre figli) diventa un nome citato nelle cronache finanziarie e familiare al grande pubblico anche al di fuori del suo impegno imprenditoriale. Nel 2006 accetta di rilevare il 5% di Rcs, dopo il fallito tentativo di scalata da parte di Stefano Ricucci e della Banca Popolare di Lodi.

Un grosso pacchetto - rimasto al gruppo Banco Popolare - passa gradualmente sotto il controllo dell'imprenditore, peraltro non nuovo a interessi editoriali: amico personale di Indro Montanelli, Rotelli all'inizio degli anni '90 era stato un convinto sostenitore di «La Voce», il quotidiano fondato e diretto dal giornalista toscano dopo la sua traumatica uscita da «Il Giornale». Con il 16% il gruppo Rotelli è - ad oggi - il primo azionista del Corriere della Sera, anche se il finanziere non ha mai fatto parte del patto di sindacato. Nelle settimane più recenti aveva valutato a lungo il piano di rilancio messo a punto dal nuovo amministratore delegato Pietro Scott Jovane e non aveva fatto mancare, alla fine, il suo sì alla laboriosa elaborazione societaria della ricapitalizzazione. Aveva fatto sapere, tuttavia, che la sua holding familiare non avrebbe partecipato all'aumento. E sono state fatte risalire a Pandette le vendite sul mercato dei diritti d'opzione: probabilmente decisive per il futuro del gruppo media. Sempre protagonista Rotelli.

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