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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 06:45.

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La richiesta francese di sospendere i negoziati Ue-Usa sul libero scambio in attesa di chiarimenti sul Datagate appare sproporzionata rispetto ai pur gravi sospetti sugli Usa, peraltro in attesa di conferma, nella vicenda dello spionaggio. Parigi aveva già tenuto in bilico fino all'ultima ora l'avvio delle trattative per dar vita alla più grande area di libero scambio nel mondo sollevando l'eccezione culturale, cioè la necessità di proteggere la sua industria dei media. Il Datagate è stato per Hollande un'occasione d'oro per rimettere in discussione un patto con l'America che la Francia non ha mai digerito.

Le rivelazioni di Edward Snowden e lo stillicidio di notizie che ne è seguito hanno provocato dure reazioni da parte della classe politica europea, che si è sentita tradita dall'alleato americano. Le reazioni sono comprensibili, le richieste di spiegazioni, che peraltro la Casa Bianca non ha ancora fornito, più che legittime. Ma lo scandalo dello spionaggio, le cui reali dimensioni saranno note soltanto quando si sarà placata l'emotività legata a una vicenda che tocca la privacy di tutti, deve restare circoscitto a quello che è: un brutto capitolo nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa da archiviare al più presto. Mandare a monte un negoziato cruciale come quello che dovrebbe partire l'8 luglio tra Unione europea e Stati Uniti, nel quale sono in gioco centinaia di migliaia di posti di lavoro potenziali, sarebbe un errore. La Commissione europea ha lasciato intendere che andrà avanti sulla sua strada. Il percorso è irto di ostacoli, l'esito tutt'altro che scontato ma vale la pena di provarci.

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