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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2013 alle ore 08:28.

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C'è molta dottrina teologica di Benedetto XVI nella prima enciclica di Papa Francesco, Lumen fidei - La luce della fede - annunciata a sorpresa pochi giorni fa e presentata ieri. Un testo agile dove il Papa traccia il cammino per l'intera comunità della Chiesa, dai vescovi ai semplici fedeli. Ma la particolarità è che la lettera era già stata scritta da Ratzinger, e Bergoglio vi ha messo mano, solo in alcune parti. «Queste considerazioni sulla fede, in continuità con tutto quello che il Magistero della Chiesa ha pronunciato circa questa virtù teologale - si legge nel testo - intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto nelle Lettere encicliche sulla carità e sulla speranza. Egli aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede».
Parole che indicano come Francesco riconosce la forza teologica e dottrinale di Benedetto, ma allo stesso tempo traccia delle proprie linee pastorali che non entrano in contrasto con quelle del predecessore. Il testo è stato presentato ieri in sala stampa dal prefetto dei Vescovi Marc Ouellet - molto vicino al precedente pontefice ma stimato anche dall'attuale - dal prefetto per la Dottrina della Fede, Gerhard Müller, e dal presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, Rino Fisichella.
Il testo ripercorre i temi cari al pontificato di Ratzinger, a partire dall'affermazione che «la fede non è un fatto privato» per declinare poi il dialogo tra fede e la ragione: si riflette sulla verità nel mondo di oggi, in cui la fede - si dice - viene spesso ridotta ad «autenticità soggettiva» perché la verità comune fa paura e viene identificata con l'imposizione intrasigente dei totalitarsmi. Per questo - e qui si sente l'impronta bergogliana - «il credente non è arrogante, la fede non è intrasingente» ma al contrario rende umili e porta alla convivenza e al rispetto dell'altro. Ne deriva che la fede porta al dialogo in tutti i campi, dalla scienza al dialogo interreligioso. E sempre dalla mano del Papa argentino pare arrivare un richiamo alla necessità per i credenti di porsi al servizio del bene comune: «La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo e tanti uomini e donne di fede sono stati mediatori di luce», scrive citando l'esempio di san Francesco e di madre Teresa di Calcutta.
Poi i "luoghi" della fede, con un richiamo forte ad un tema di grande attualità in Occidente: «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all'unione stabile dell'uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell'amore di Dio, dal riconoscimento e dall'accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest'amore, uomo e donna possono promettersi l'amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede».
Inoltre «la fede non è rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita». Cercando la «fraternità universale» tra gli uomini osserva il Papa, la modernità ha finito a poco a poco, perdendo il «riferimento a un Padre comune» a eliminare la «vera radice della fraternità». Ma «se l'amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell'amore. Amore e verità non si possono separare». Il richiamo al Concilio nelle prime pagine è segnalato dal direttore dell'Osservatore romano Gian Maria Vian come elemento centrale della prima enciclica di papa Francesco. Alla fine dell'enciclica un passaggio che è un "marchio di fabbrica" di Papa Francesco: «Non facciamoci rubare la speranza».
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L'ENCICLICA
L'enciclica a quattro mani
L'enciclica Lumen fidei assume pagine scritte da Papa Benedetto XVI che «aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede». Papa Francesco ha ereditato «il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi». Il documento ricorda che «la fede risveglia il senso critico» e «allarga gli orizzonti della ragione»; «la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, ma nasce da un ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio».

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