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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 06:45.

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Un «uomo delle scelte», che con il suo «sacrificio personale e la chiusura della sua carriera politica» impresse la propria cifra sulla fine della prima Prima Repubblica. Così il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha ricordato ieri il suo maestro Beniamino Andreatta, durante la presentazione del libro Una storia italiana edito dal Mulino che racconta una storia di successo nata da una crisi bancaria, con dovizia di particolari anche inediti (i diari di Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore della Banca d'Italia): si tratta della nascita del nuovo Banco Ambrosiano, successivamente divenuto Banca Intesa, dalle macerie del Banco Ambrosiano di Calvi.

Ad ascoltare il premier c'è il presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, che da Ciampi e Andreatta fu chiamato alla guida del neonato istituto. In particolare, Letta ricorda i tempi di Calvi e dello Ior di Marcinkus e di quando, nel 1982, Andreatta impose lo scioglimento del Banco Ambrosiano e la sua liquidazione, ignorando le pressioni politiche che ne volevano il salvataggio con fondi pubblici. «Andreatta - dice Letta - fece una scelta coraggiosa di rottura con le indicazioni del suo partito, la Dc, e degli ambienti vaticani». Una «decisione», spiega il premier, che «quasi fa sorridere» di fronte ad alcuni eventi di oggi. Il premier cita poi una frase che Andreatta pronunciò nel pieno dello scandalo finanziario: «L'Italia non è una Repubblica delle banane; questa vicenda, come altre che ci stanno davanti, dovrebbe ricordarci che la fermezza non è la peggiore delle strade». Se guardiamo alla crisi che si svolgeva allora, aggiunge, dobbiamo pensare anche a quanti soldi sono stati risparmiati: «Se Andreatta avesse pensato a rimanere ministro, l'Italia avrebbe avuto costi maggiori per i tax payers», sottolinea il presidente del Consiglio, evidenziando l'importanza del percorso verso l'Unione bancaria europea e di quel meccanimso unico per la risoluzione delle crisi bancarie che servirà porprio ad impedire che le future crisi bancarie d'Europa siano accollate ai contribuenti.

Dal canto suo Bazoli, dopo aver ricordato che all'idea di questo libro teneva molto Ciampi «affinché si dimostrasse che l'Ambrosiano è costato allo stato italiano una cifra di gran lunga inferiore rispetto alla crisi del Credit Lyonnais o a quella delle Casse di risparmio americane», ha sottolineato che nel determinare la success tory ha contato molto l'orgoglio della squadra in campo e anche la qualità delle relazioni umane tra le persone che hanno giocato la prtita:«Oggi – ha detto il presidente del Cds di Intesa San Paolo – da tutte le parti si sente dire che in Italia occorre superare il capitalismo di relazione: ma le relazioni fra gli uomini sono essenziali tanto nel capitalismo quanto in altre cose della vita». Poi, ai giornalisti che lo incalzano sul futuro del gruppoRcs chiedendogli un commento sulle posizioni espresse da Diego Della Valle, Bazoli risponde:«In dichiarazioni di pochi giorni fa, Della Valle auspicava un azionariato a 5. La sua posizione è cambiata? Chi dovrebbe essere il nuovo azionista?». Bazoli prosegue con un «parallelo che porterà a possibili polemiche: ed è quello con chi auspica l'uscita delle fondazioni dalle banche. È tutto corretto dal punto di vista dei principi ma poi bisogna essere concreti: quali sono i privati disposti a intervenire?».

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