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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2013 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 16 luglio 2013 alle ore 07:08.

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Quando si tratta di derivati, in assenza di una chiara normativa (almeno in Italia), si procede a vista, appellandosi a quel poco di scritto che già c'è: sentenze o documenti dei tribunali. La decisione presa dai giudici del Riesame di Siena sui prodotti finanziari sottoscritti tra Mps e Nomura potrebbe ora segnare un passaggio fondamentale. Nelle carte si legge che non è stata commessa usura né truffa: i costi occulti e di marginazione sarebbero dunque legittimi, mentre passaggi tecnici del derivato sarebbero stati chiari a diversi manager del Monte. Questo sembra voler dire, tra le righe, che i vertici delle banche condividono le stesse competenze, e che quindi gli accordi sono sottoscritti nella piena consapevolezza.
Altra cosa invece sono i derivati tra banche e enti locali. In questo caso, almeno in Italia, viene riconosciuta nei tribunali una certa asimmetria informativa tra le parti, che potrebbe far ipotizzare il reato di truffa e permettere agli enti di recuperare risorse. È stato così per il Comune di Milano. E sarebbe forse stato così anche per la Regione Lombardia, ai danni della quale la procura aveva ravvisato 95 milioni di costi occulti. L'inchiesta è però, in questo caso, caduta in prescrizione, mentre sul fronte civilistico il contenzioso (diversamente da quanto accaduto per Palazzo Marino) si è svolto a Londra, dando esiti meno positivi per la Regione. Gli stessi rischi della Lombardia corre ora il Comune di Firenze. Per le amministrazioni locali, insomma, conta soprattutto la rapidità nel depositare la causa in Italia, impedendo così alle banche di rivolgersi a Londra. Ma spesso i comuni, presunti truffati, sono anche lenti. (Sara Monaci)

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