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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 24 luglio 2013 alle ore 08:30.

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L'Europa affronta una grande sfida: rafforzare il suo ruolo nel mondo e la capacità operativa su difesa e sicurezza in tempi di rigore di bilancio. Oltre alle operazioni militari, la privacy, la diplomazia, le transazioni finanziarie o le infrastrutture energetiche, sono elementi essenziali per la sicurezza europea.

Sono elementi essenziali quanto la lotta al terrorismo, alla pirateria e la capacità di far fronte alle pandemie o ai rischi ambientali. Tutte minacce che esigono risposte europee.
Per dare una tutela effettiva dei nostri interessi da queste rischi globali, serve una vera politica europea di difesa e di sicurezza.
Non partiamo da zero. Dal 1999 l'Europa ha condotto 27 operazioni, di cui 15 tuttora in corso in Mali, Somalia, Iraq, Bosnia, Repubblica democratica del Congo.
Sulla base di questa esperienza oggi dobbiamo domandarci: il coordinamento fra paesi europei, la nostra capacità di pianificazione e di anticipazione, la messa in comune dei nostri mezzi, sono sufficienti? La risposta è no.

Vi sono almeno due ragioni che giustificano l'urgenza di abbandonare la logica dell'ognuno per se dando nuovo impulso alla politica di difesa comune.
Innanzitutto, i vincoli di bilancio legati alla crisi e al risanamento dei conti, che impongono una maggiore razionalizzazione, con la messa in comune delle risorse e più cooperazione a livello Ue. Presi individualmente i bilanci nazionali per la difesa rischiano, infatti, di scendere sotto la soglia critica necessaria per mantenere capacità militari e industriali. E di compromettere, dunque, l'autonomia strategica europea.
In secondo luogo, se è vero che, come afferma il Vicepresidente Joe Biden, l'Europa resta una "pietra angolare" della strategia di sicurezza USA, sappiamo che i nostri alleati americani hanno ormai altre priorità strategiche, in particolare nel Pacifico. Per questo ci esortano ad assumere maggiori responsabilità e a ripartire meglio l'onere in seno all'Alleanza atlantica.

È giunto, quindi, il momento di agire sulla base degli strumenti a nostra disposizione: l'Agenzia europea per la difesa e il trattato di Lisbona.
Resta da verificare l'esistenza di una volontà politica che permetta all'Europa di diventare un vero attore globale in grado di garantire la propria sicurezza e di operare con efficacia per la stabilità nel mondo.
Il ruolo principale è quello degli Stati, titolari della legittimità necessaria per attivare le forze armate. A loro spetta riflettere sul nuovo contesto e trarne le conclusioni in termini di armonizzazione dei bisogni ed economie di scala. L'appuntamento di dicembre, con un Vertice di capi di Stato e di governo dedicato alla difesa, sarà determinate per verificare l'esistenza di questa volontà.
Con la Comunicazione approvata oggi proponiamo agli Stati membri delle linee d'azione per superare steccati e compartimentazioni nel settore della difesa e della sicurezza.
Steccati, prima di tutto, fra le politiche comunitarie che hanno un impatto diretto o indiretto sulla difesa: non solo mercato interno o politica industriale, ma anche politica commerciale, ricerca, concorrenza, energia o spazio.

Poi, tra settore civile e militare che, di fatto, hanno numerose sinergie. Non si potrebbero, ad esempio, identificare progetti comuni in settori cruciali per la nostra capacità di difesa, con ricadute positive anche sul settore civile, quali sorveglianza della rete ferroviaria o delle zone colpite da calamità naturali o, controllo dei traffici marittimi?
Infine, fra operatori del settore, grandi imprese e Pmi, ai quali proponiamo una nuova politica industriale per la difesa e la sicurezza.
Questa nuova politica avrà in primo piano l'adozione, a breve termine, di misure per migliorare il contesto in cui operano le imprese. Ad esempio, la standardizzazione o il miglioramento dell'applicazione delle direttive sui trasferimenti intraeuropei e sugli appalti pubblici, favorendo la cooperazione o il subappalto.
Dobbiamo, inoltre, valorizzare le sinergie tra ricerca civile finanziata con fondi Ue e bisogni della ricerca militare presso l'Agenzia Europea per la Difesa o negli Stati membri, ad esempio in settori di punta, quali le nanotecnologie, la micro e nanoelettronica o i materiali avanzati.

Infine, proporremo iniziative strategiche a più lungo termine in settori come lo spazio o l'energia. Vogliamo stimolare un vero dibattito su come trarre pieno beneficio dalla duplice natura delle applicazioni spaziali; o sulla necessità o meno di capacità comuni autonome di sicurezza, sul modello di Galileo, prima infrastruttura fisica interamente europea.
Dalle risposte che sapremo dare dipenderà la nostra capacità collettiva di migliorare la competitività delle imprese e di fornire alle nostre forze di sicurezza e di difesa i mezzi necessari per mantenere la nostra sovranità e far valere gli interessi e i valori europei nel mondo. La Commissione è pronta a fare fino in fondo la sua parte.

Antonio Tajani è vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l'Industria e l'imprenditoria
Michel Barnier è commissario europeo per il Mercato interno e i servizi

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