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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2013 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 10 agosto 2013 alle ore 10:09.

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Una buona notizia per il futuro dell'imprenditorialità nel nostro paese. I3P, l'incubatore del Politecnico di Torino si piazza all'undicesimo posto tra i primi venticinque business incubator universitari, secondo la graduatoria internazionale per il 2013 stilata dall'UBI-University Business Incubators Index. Tra gli incubatori universitari europei, I3P è in seconda posizione preceduto da altri tre tra cui NDRC LaunchPad, molto noto ai giovani italiani che aspirano a fare impresa.

Anche l'Italia è dunque avvolta nell'abbraccio sempre più stretto tra scienza e imprenditorialità. Alla R&S (Ricerca & Sviluppo) e alla R&I (Ricerca & Innovazione) si aggiunge la S&I (Scienza & Imprenditorialità) lungo il tragitto che partendo dalla conoscenza sbocca nell'imprenditorialità scientifica. Ciò avviene proprio nel momento in cui abbiamo superato il punto di non ritorno al trend di crescita pre-Grande Recessione dell'economia mondiale.

Il sentiero di crescita macroeconomica sarà molto diverso da quello battuto anche nel più recente passato. Un sentiero non convenzionale alla cui apertura sta già contribuendo l'intreccio tra scienza e imprenditorialità. Un esempio tra i tanti è l'Internet delle cose, nota anche come Internet industriale, che vede coinvolti in una collaborazione multilaterale e transdisciplinare scienziati informatici, sociologi, economisti dell'accademia e dell'industria, imprenditori nascenti ed ecosistemi imprenditoriali dello spessore di Intel, Cisco e IBM. Tutti impegnati congiuntamente nell'allargare e approfondire le connessioni tra il mondo fisico e la realtà virtuale.

Nell'Italia del secondo dopoguerra è fiorita una generazione imprenditoriale che si è avvantaggiata dal mettere in pratica vocazioni manifatturiere innate e coltivate nelle scuole professionali e negli istituti tecnici. Sono questi gli imprenditori che hanno corso lungo il sentiero delle innovazioni incrementali. Posizionando molto lontano la linea dell'orizzonte oltre la quale le imprese volgono al tramonto, costoro hanno fortemente creduto in un futuro simile al presente. Quella percezione è mutata in illusione con la globalizzazione, la Grande Recessione e le innovazioni dirompenti che hanno cambiato regole del gioco e giocatori.

All'apprendimento delle nuove regole e alla formazione dei nuovi giocatori contribuiscono gli incubatori universitari che coltivano la generazione imprenditoriale 2.0, quella composta da scienziati che progettano di volgere in imprese le loro scoperte e altri soggetti intenzionati ad attingere alla sorgente degli sviluppi scientifici per coglierne opportunità imprenditoriali.

Nell'economia della conoscenza che contraddistingue il Ventunesimo secolo, le attività intangibili degli incubatori universitari svolgono un ruolo chiave per la comprensione della crescita e della concorrenza. A fine luglio, per la prima volta, il governo americano ha reso noti dati del Prodotto interno lordo in cui la Ricerca e sviluppo è fatta rientrare tra gli investimenti fissi. Per avvicinare il Prodotto interno lordo alla realtà economica di oggi, a questo primo passo altri dovranno seguirne, negli Stati Uniti d'America come in Europa e in Italia.

Il connubio tra scienza e imprenditorialità rientra in questa rivisitazione dei conti nazionali. La S & I è un investimento per mettere a contatto la conoscenza accademica con il mondo dell'imprenditorialità a essa periferico o perfino sconosciuto. La S & I è uno sforzo collettivo che, all'emergere di nuove scoperte e tecnologie, traccia e modifica incessantemente i sentieri d'imprenditorialità scientifica. La S & I trasforma il know-how nel «sapere perché» e nel «sapere che cosa fare per» la valorizzazione imprenditoriale della conoscenza.

La presenza italiana tra gli incubatori eccellenti dimostra che nel paese c'è consapevolezza del che cosa fare affinché la conoscenza al crescere del suo volume estenda i contatti con l'imprenditorialità.
La Finlandia, tra i paesi più avveduti, ha introdotto cambiamenti profondi nelle sue università. A pochi anni dalla nascita della Aalto University, il suo incubatore Startup Sauna è stato posto dall'UBI Index in cima alla graduatoria dei giovani incubatori universitari, quelli con meno di cinque anni di vita.

Non mancano allora le buone ragioni per valutare l'eccellenza dei nostri atenei non trascurando l'attività di S & I svolta dagli incubatori universitari. La generazione più istruita e ambiziosa del Millennio scarta l'idea del posto di lavoro per indossare un abito ibrido, confezionato con materiali imprenditoriali, disegnato con esperienze in laboratori di ricerca universitari o industriali e con lo spirito mentale dell'imprenditore nascente.

Potenzialità imprenditoriali latenti dei nostri Millennial si trasformerebbero in startup trainate dalla conoscenza se investissimo negli incubatori universitari con maggiore impegno, migliore qualità e attenzione alla governance.
Il caso del Politecnico di Torino fa vedere che l'eccellenza nella scienza e imprenditorialità non è una chimera. Il caso filandese della Aalto University dovrebbe sollecitare iniziative pubbliche e private per la creazione di università imprenditoriali. A queste condizioni si infoltirebbe quello che a oggi è uno sparuto gruppo di nuovi imprenditori - il 2,3 per cento della popolazione italiana, una percentuale insoddisfancente se confrontata con i grandi paesi dell'Occidente: 4,2 per cento in Germania, 7,8 per cento negli Stati Uniti d'America.

piero.formica@gmail.com

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