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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2013 alle ore 07:33.
L'ultima modifica è del 14 agosto 2013 alle ore 08:01.

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«Lo Stato deve concedere alle organizzazioni dei lavoratori le stesse agevolazioni creditizie che concede alla borghesia: di fronte alle banche per le classi agiate, devono esserci quelle per le classi disagiate, il diritto è identico a quello del capitale». Con questo sermone Luigi Luzzatti, più volte ministro del Tesoro, aveva auspicato la creazione di un Istituto nazionale per il credito alla cooperazione. Quello che sarebbe poi divenuto la Banca Nazionale del Lavoro nacque così il 15 agosto 1913 col sigillo del quarto governo Giolitti.

Ma, nel 1921 il movimento cooperativo subì i primi assalti degli squadristi fascisti e l'Istituto accusò gravi perdite nei suoi bilanci. Tuttavia, nel maggio 1927, con l'emanazione della Carta del Lavoro, il duce decise di includerlo nell'ordinamento corporativo, trasformandolo con un decreto legge in Banca Nazionale del Lavoro e affidandone la direzione, su indicazione di Roberto Farinacci, ad Arturo Osio, un ex esponente della sinistra sindacale cattolica.

Da allora la Bnl divenne una banca di Stato sotto l'egida del ministero delle Finanze. La Bnl poté così evitare, dopo la Crisi del '29, di finire nel convalescenziario dell'Iri. Anzi accrebbe notevolmente il suo raggio d'azione, in quanto posta al servizio della Pubblica amministrazione e incaricata di alcune delicate operazioni finanziarie durante l'espansione coloniale, l'autarchia, la guerra di Spagna e nei rapporti con Berlino. Inoltre si occupò della creazione di Cinecittà e dei lavori per il progetto dell'Esposizione Universale: peraltro, non senza contrasti con il governatore della Banca d'Italia Vincenzo Azzolini. Finché Osio, anche per il suo sodalizio con vari gerarchi d'alto rango, insospettì Mussolini che nel gennaio 1942 decise di estrometterlo.

Fu poi il nuovo direttore Imbriani Longo, nominato dal governo Parri, a riportare la Bnl nel campo della cooperazione e a farne una banca larga di aiuti alla Fiat, alla Finsider e all'Agip ma pure al credito verso le opere pubbliche e le piccole imprese. Questa strategia espansiva contribuì a proiettare al vertice del sistema bancario l'Istituto di via Veneto, che divenne anche popolare per il sostegno della produzione cinematografica.

L'ordine di scuderia di Longo era di ampliare l'attività senza "dare mai nell'occhio". E questa fu la linea di condotta della "vecchia guardia" per tutti gli anni 60. Dopo di allora quella che era divenuta la banca del Tesoro si trovò anch'essa alle prese con l'instabilità dei cambi, la crisi energetica e la stagflazione.

Tuttavia la Bnl (presieduta dal 1978 da Nerio Nesi) riuscì a mantenere il suo primato facendo ingresso nel parabancario, aiutando le piccole-medie aziende durante la ripresa degli anni 80, aprendo varie filiali all'estero (fra cui un ufficio di rappresentanza in Cina), rafforzando il Servizio Studi e creando una serie di "sportelli leggeri" per la diffusione di nuovi prodotti finanziari. Senonché, nell'agosto 1989 incappò nella disavventura provocata dalla filiale di Atlanta che, all'insaputa della sede centrale, si era impegnata in un grosso giro d'affari, fuori della contabilità ufficiale, con l'Iraq di Saddam Hussein.

Dopo la trasformazione della Bnl nel luglio 1992, da ente di diritto pubblico, in società per azioni, il suo stato maggiore si trovò dinanzi all'interrogativo se alleare l'Istituto, per uno sviluppo di sinergie, con il Banco di Napoli o il Monte Paschi Siena, ma anche con la Comit; oppure con l'Imi e il Credito Italiano. Finché nell'agosto 1998 optò per la creazione di un "nucleo stabile", con alla testa il Banco di Bilbao, affiancato dalla Banca Popolare di Vicenza e dall'Ina.

È largamente noto il tentativo di scalata condotto nel 2005 dall'Unipol alla Bnl e andato a vuoto per la tenace resistenza opposta dal presidente Luigi Abete. L'integrazione dal 2006 dell'Istituto di via Veneto nell'ambito di Bnp-Paribas non ha alterato l'identità della Banca. La "liaison" con un grande Gruppo internazionale ha contribuito infatti alla stabilizzazione finanziaria della Bnl e alla valorizzazione delle sue attitudini raccordandole con le più recenti linee di tendenza del sistema bancario nei tornanti della globalizzazione.

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