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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2013 alle ore 09:48.

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Dal 2010 gli ambienti finanziari globali sono preoccupati del rallentamento economico della Cina. Tuttavia, nonostante il Paese nel secondo trimestre di quest'anno abbia raggiunto a malapena l'obiettivo ufficiale del 7,5% per la crescita annua del Pil, il governo cinese a quanto pare è tranquillo e non dà segno di accingersi a lanciare un ulteriore pacchetto di stimoli all'economia. Sorge spontaneo chiedersi se le autorità hanno davvero la situazione sotto controllo.

In effetti, la posizione assunta dal governo - basata sulla "Likonomics" del premier Li Kequiang e caratterizzata dalla priorità assegnata alla riforme strutturali rispetto a una rapida crescita del Pil - si rivelerà essere nel migliore interesse della Cina e del resto del mondo. I problemi strutturali della Cina - tra i quali le restrizioni alla mobilità dei lavoratori, un rigido sistema finanziario afflitto da troppi rischi, un'eccessiva dipendenza dagli investimenti statali - ne mettono a repentaglio la stabilità e lo sviluppo economico. Ecco perché è necessario accelerare il processo delle riforme. Malgrado le dichiarazioni ben intenzionate e qualche piccolo progresso, tuttavia, la nuova leadership cinese deve ancora riuscire a mettere a punto un piano di riforme in grado di risolvere i problemi che affliggono nel profondo l'economia. Nel febbraio scorso, per esempio, il Consiglio di Stato ha annunciato i suoi piani miranti a riformare l'hukou (il sistema di censimento dei nuclei famigliari), che attribuisce la residenza legale in funzione del luogo di nascita del singolo. Tale sistema di fatto rende estremamente difficile trasferirsi altrove, giacché coloro che non riescono ad acquisire un permesso di residenza locale si imbattono in enormi difficoltà quando si spostano in altre province e nel momento in cui desiderano accedere ai servizi pubblici. In realtà, i loro figli non sono neppure autorizzati a sostenere gli esami di ammissione per l'università. La riforma avrebbe dovuto migliorare la situazione, consentendo a coloro che emigrano in città di piccole dimensioni di ottenere i permessi di residenza con maggiore facilità e rendendo al contempo meno rigidi i requisiti per ottenerli nelle città di medie dimensioni. In verità, però, i tentativi di riformare questo sistema hanno incontrato un'accanita resistenza, specialmente da parte dei governi e dei residenti locali.

Nello stesso modo, il governo è stato indolente nel formulare e rendere operative efficaci riforme del mercato finanziario. All'inizio di quest'anno - quando è stata istituita una politica più flessibile per le politiche del tasso di cambio ed è stato spalancato il settore finanziario al capitale interno privato - le speranze erano rosee. Ma poco dopo il governo ha deciso di seguire i consigli di influenti economisti relativi ai rischi legati a un precoce e frettoloso allentamento dei controlli sui capitali. In realtà, dovrebbe accadere l'esatto contrario: politiche rigide come la recente stretta creditizia attuata dal governo renderanno sempre più difficile dirigere le risorse finanziarie verso l'economia reale. Un progresso autentico dipenderà, dunque, esclusivamente dalla precisa volontà della leadership cinese di affrontare e risolvere gli errori strutturali - nello specifico, le restrizioni sul capitale interno privato - che stanno intralciando la capacità del sistema finanziario di convogliare i risparmi verso i settori economici più promettenti.
Malgrado svariati cicli di deregulation, in Cina è tuttora molto difficile fondare istituti privati di credito e molto spesso le normative riguardanti le istituzioni finanziarie non bancarie sono poco chiare. Di conseguenza, lo shadow banking (il sistema bancario collaterale, NdT), che fornisce capitale al triplo del costo previsto dal tasso di interesse ufficiale di base, prospera ed è redditizio, ma crea significativi rischi e incertezze. Quantunque il governo di recente abbia cercato di attirare nuovamente capitali nel settore bancario ufficiale eliminando il lower bound imposto al tasso di prestito, si rende indispensabile una riforma più radicale e sostanziale.

Del resto, il governo cinese è tuttora irresoluto al riguardo di molte altre aree di sua competenza, oppure si limita a offrire soltanto parole e piccoli interventi. Per esempio, il processo di devolution che prevede il trasferimento di alcuni poteri finalizzati all'approvazione di progetti ai governi locali non risolverà i problemi di fondo di un'eccessiva ingerenza statale in campo economico. Al contrario: ciò potrebbe addirittura dare più importanza al ruolo dello Stato, qualora i governi locali ottenessero maggiore libertà nel portare a conclusione i progetti di investimento.
Le autorità cinesi sanno cosa non funziona nell'economia del Paese, ma come hanno messo in evidenza i loro stessi tentativi degli ultimi mesi restano incerte su come porre rimedio alla situazione. E ciò provoca un'ansia significativa nei mercati finanziari e nell'opinione pubblica in genere. Quando le massime autorità si ritroveranno a Beidaihe - una località di villeggiatura sulla costa, vicino Pechino - per il loro meeting estivo annuale, dovranno ammettere l'urgenza di un coraggioso piano finalizzato a un'autentica riforma strutturale. In caso contrario, l'ansia lascerà alla fine posto alla sfiducia, rendendo ancora più difficile varare e realizzare una strategia riformistica di ampio respiro.
(Traduzione di Anna Bissanti)
© PROJECT SYNDICATE, 2013

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