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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2013 alle ore 09:30.

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Alla base di bilanci squadrati ci sono fondamenta solide. Quelle di uno stadio di proprietà. Lo insegnano i maestri della Premier League, lo confermano i successi del Bayern Monaco e i numeri della Juventus: l'impianto di proprietà ha triplicato i ricavi da gara.
A costruire certezze finanziarie sulle fondamenta di uno stadio sono altri bianconeri: l'Udinese, sconfitta nell'andata dei play off di accesso all'Europa League dallo Slovan Liberec, ha avviato la ristrutturazione del Friuli per farne «una struttura moderna e a dimensione di tifoso», dice il presidente Franco Soldati e quindi capace di attrarre appassionati (in Inghilterra il botteghino vale più o meno il 30% dei ricavi, in Italia circa il 10%).
La legge sugli stadi è sempre un progetto e in Friuli hanno applicato una ragione di vita antica quanto questa terra: fasìn di bessoi, facciamo da soli, come nella rinascita dal terremoto del 1976. Cementando la buona volontà della Giunta guidata da Furio Honsell e la tenacia dei dirigenti bianconeri, hanno creato l'ennesimo modello Udinese. «La società - prosegue Soldati - ha acquistato per 99 anni la concessione di terreni e stadio e ha firmato un mutuo ventennale con il Credito Sportivo». Costo complessivo 25 milioni per 25mila posti (dagli attuali 46mila) tutti coperti e un terreno riscaldato, con «un'attesa di qualche milione di euro all'anno di ricaduta», dice Soldati. Lo stadio resterà aperto "per ristrutturazione": il primo stralcio, con l'avvicinamento del terreno di gioco alla tribuna con l'arco e le nuove panchine, è stato completato. Nei prossimi mesi gli altri: prima la demolizione e ricostruzione a ridosso del campo di curva sud, poi distinti e infine curva nord.
Il giorno della firma con il Credito Sportivo Gianpaolo Pozzo (alla sua 19a stagione di fila in serie A: un record per i piccoli club che va oltre il Parma) ha detto: «Il nuovo stadio è il nostro scudetto». È l'ennesimo mattone che il paròn mette nella casa bianconera: l'allenatore Guidolin sotto contratto fino al 2017, il totem Di Natale fino al 2015, lo scounting di talenti. Finora il modello Udinese è questo: trovare atleti senza nome, portarli a Udine e alla fama e rivenderli ai grandi club che non hanno tempo né strutture per crescere campioni: «Investiamo un paio di milioni all'anno: una decina di osservatori in giro per il mondo ci segnalano i nomi, un paio di persone visionano filmati 365 giorni all'anno e poi Gino Pozzo decide».
La lista è lunga: sul bilancio 2012 Sanchez al Barcellona, Zapata al Villareal e Inler al Napoli hanno garantito 57,5 milioni di plusvalenze, che, al netto di 7,2 milioni di minusvalenze, hanno generato proventi netti per 50,3 milioni con un utile di 8,78 milioni e, con le cessioni dell'estate 2012 di Handanovic, Isla e Asamoah, «il bilancio 2013 - conclude Soldati - chiuderà in linea con il 2012».
Una gestione finanziaria costruita mattone su mattone. Si diventa grandi giorno dopo giorno, senza fretta: tra un anno, a settembre 2014 l'Udinese, secondo club in Italia, conta di inaugurare il suo nuovo Friuli.
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