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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2013 alle ore 07:22.
L'ultima modifica è del 25 ottobre 2013 alle ore 10:00.
Sta di fatto che nella classifica della Commissione Ue la Lombardia, pur difendendosi decorosamente negli indici relativi a economia, infrastrutture e salute, crolla in quelli riguardanti la stabilità macroeconomica nazionale, le istituzioni e l'innovazione.
Idem succede per le altre più forti regioni italiane. Sicché alla fine, quanto a competitività, come nazione nel suo complesso sembriamo peggio persino del Portogallo o di Cipro. Purtroppo, la distanza tra certe statistiche ed economia reale si amplia sempre di più, al di là di ogni ragionevole buon senso. Si potrebbe anche sorvolare, se non fosse che dati e Rapporti elaborati dalla Commissione europea (spesso con il sorprendente contributo di ricercatori italiani forse un po' troppo "esterofili") danneggiano con sempre maggiore frequenza l'immagine dell'Italia, come è avvenuto a marzo con la Relazione della Commissione Rehn sugli squilibri macroeconomici del nostro Paese e come è avvenuto adesso con questi nuovi farraginosi indici di competitività delle regioni.
Conclusione. Siamo tutti consapevoli sia che molti problemi affliggono l'economia italiana, anche nel campo della competitività, sia che non poche regioni italiane sono altrettanti validissimi competitori internazionali. Per questo sono apprezzabili le azioni e le prese di posizione del presidente Letta che è impegnato a ridurre i punti di debolezza ma che reagisce anche con fermezza alle svalutazioni generalizzate del nostro Paese, perché «l'autolesionismo non sia il sentimento con cui ci si racconta».
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