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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2013 alle ore 06:50.

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L'auto, la bici e il rischio in Borsa

I rendimenti dei mercati nell'ultimo decennio sono stati insoddisfacenti. All'inizio del nuovo millennio, l'esperienza di un secolo di investimenti era facile da sintetizzare: il mercato azionario conviene a chi ha un lungo orizzonte di investimento perché le cadute dovute alla volatilità sono entro qualche anno riassorbite dalla tendenza alla crescita dei prezzi. Pensiamo a un percorso da fare o con un'auto (titolo rischioso), la cui velocità media è difficilmente prevedibile, tra sbandate e traffico, o con una bicicletta lenta ma sicura (titolo privo di rischio). Si pensava che su un percorso sufficientemente lungo l'auto arrivasse comunque prima della bici. Dal 2000 in poi non è stato così. Una volatilità accresciuta ha fatto da sfondo alla decelerazione della crescita reale e a una situazione di crescita debole dei prezzi azionari. La strada da percorrere per fare sì che l'auto batta con ragionevole certezza la bicicletta pare essere sempre più lunga. Le condizioni dei mercati hanno poi indotto molti risparmiatori a innervosirsi e a vendere i titoli nei peggiori momenti. È come se alcuni autisti alla prima sbandata abbiano abbandonato l'auto. Da qualche anno quindi ci si è posti il problema di come aiutare i risparmiatori a prendere buone decisioni. Il compito non è certo facilitato dalla crescente difficoltà a stimare la crescita dei prezzi, dall'aumento della volatilità e dalla complessità dei prodotti finanziari.

Ragionare per scenari è un buon punto di partenza. Ad esempio, se un titolo ha un rendimento atteso del 10% e la volatilità è del 20%, si può convenzionalmente ipotizzare che lo scenario peggiore sia rappresentato da una perdita del 30% e quello migliore da un guadagno del 50%. Entrambi dovrebbero essere superati solo in circa il 2,5% dei casi. È possibile individuare soglie intermedie di perdita e di guadagno e assegnare a ciascuna una probabilità. I punti critici di questa impostazione sono la stima ex ante del rendimento atteso (velocità media che l'auto e la bicicletta avranno) e della volatilità (impatto che traffico e numero delle sbandate avranno sulla velocità dell'auto).

In Italia, storicamente, tali criticità sono state spesso superate adottando una tecnica parecchio discussa negli ultimi anni tra gli addetti ai lavori e conosciuta come metodologia risk-neutral, secondo la quale è possibile usare i prezzi degli strumenti derivati per ricavare le probabilità di vari scenari. Tale impostazione ipotizza che i titoli rischiosi abbiano un rendimento atteso identico al tasso senza rischio, condizione che peraltro indurrebbe qualunque persona ragionevole e avversa al rischio a non investire in titoli rischiosi. La metodologia risk-neutral arriva al paradosso: descrive scenari di probabilità per investitori avversi al rischio nell'ipotesi che questi sarebbero razionali solo comprando titoli senza rischio. Tornando all'esempio precedente, sarebbe come presentare all'investitore calcoli in cui il rendimento atteso è posto arbitrariamente pari a 0%, ipotesi che farebbe corrispondere allo scenario peggiore una perdita del 40% invece che del 30%, e a quello migliore un guadagno del 40% invece che del 50%. In altre parole, la metodologia risk-neutral, base indiscussa per formare il prezzo dei contratti derivati, non può essere usata se non in modo contradditorio per descrivere scenari di rischio degli investimenti, almeno non senza ulteriori ipotesi che consentano di quantificare con precisione uno dei parametri meno facilmente misurabili, vale a dire la propensione al rischio. L'assenza di un unico modello universalmente riconosciuto per la stima di tali ipotesi aggiuntive rende possibile - a parità di strumento finanziario - la presenza di risultati diversi tra loro, sebbene tutti originati da modelli corretti. Per chi fosse interessato a questi aspetti più tecnici, un recente Quaderno di Finanza della Consob di Luca Giordano e Giovanni Siciliano ha cercato di illustrare questa problematica in dettaglio.

Negare la validità della metodologia risk-neutral per la misurazione del rischio degli investimenti non significa in alcun modo negarne la validità per il pricing dei derivati. Occorre però evitare di cadere nella trappola di pensare che la quantificazione probabilistica del rischio debba essere fatta con uno strumento che, applicato in modo scorretto, negherebbe la razionalità stessa di chi investe in titoli rischiosi.
Affidare il compito di valutare le scelte di investimento sulla base di scenari di probabilità stimati sulla base di ipotesi non congrue potrebbe infatti generare indicazioni potenzialmente fuorvianti per il risparmiatore retail. È indiscutibilmente giusto che chi non vuole mai sbandare vada in bici. Ma non è corretto dire che l'auto può procedere solo alla velocità della bicicletta mantenendo nel contempo i rischi di rallentamenti e sbandate.

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