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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2013 alle ore 08:50.

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Diritto al futuro per i minori in fuga

Nelle pagine di Cercare il futuro lontano da casa, breve ma straordinario libro, leggiamo le impronte delle tragedie del mondo contemporaneo impresse nel corpo e nell'anima degli adolescenti fuggiti dai Paesi dove l'umanità è più a rischio. Sono ragazzi arrivati più per caso che per disegno.

Basta vedere da dove vengono per capire i loro problemi e le loro aspettative. Sono fuggiti da dove la guerra è più feroce, come la Somalia e l'Afghanistan, o dove le conseguenze della povertà sono più acute per effetto delle rapide trasformazioni della società, come è il caso dell'Albania, del Marocco, della Tunisia o del Pakistan. Pubblichiamo un contributo del professore Romano Prodi al volume Cercare il futuro lontano da casa, in uscita il 7 ottobre, scritto da Giancarlo Rigon e Giovanni Mengoli per la casa editrice Edb (Edizioni Dehoniane Bologna) di Romano Prodi Attraverso la storia di questi ragazzi i problemi del mondo entrano direttamente in casa nostra. Vi entrano con delicatezza, quasi in punta di piedi perché gli autori non giocano sulle sensazione ma ci presentano i casi della vita così come sono, con le loro tragedie e le loro speranze, senza mai cedere al sensazionalismo o al desiderio di stupire.

Le storie di questi ragazzi sono presentate con un realismo sconcertante, come se l'assistere all'uccisione dei propri familiari o il viaggiare per mesi nelle mani degli sfruttatori o per giorni sotto l'assale di un camion fossero un fatto naturale, un evento della vita di tutti i giorni. Un mondo vero, che noi tendiamo naturalmente a dimenticare, entra in casa nostra con questi ragazzi che, a volte con successo e a volte con un fallimento, tentano di lasciarsi alle spalle una vita priva di speranza. Un mondo che tuttavia esiste e ricopre forse la maggior parte della terra ma che, anche per una comprensibile difesa personale, ci sforziamo di pensare che non esista. Livelli di crudeltà inauditi o semplici rifiuti familiari hanno spinto questi ragazzi a fuggire e li hanno portati verso l'ignoto senza quel minimo di robustezza necessaria per affrontare difficoltà quasi insormontabili.

E tocca agli educatori e ai responsabili delle strutture di accoglienza affrontare queste difficoltà con quella magica mistura di affetto e di disciplina che sola è in grado di far crescere diritte quelle fragili piante che i venti della vita hanno inesorabilmente compromesso. Un compito reso quasi impossibile dalla diversità del contesto da cui questi ragazzi arrivano. I casi di successo e di insuccesso vengono illustrati con una semplicità e un'oggettività straordinarie, cercando ogni volta di entrare nell'anima profonda di ciascuno dei protagonisti di queste grandi storie umane.

I limiti delle leggi e delle strutture deputate a guidare questi difficili processi educativi vengono messi dagli autori in giusto rilievo, ma senza mai attribuire a essi la ragione esclusiva di una sconfitta o di un fallimento. Gli educatori sanno che il loro compito è di fare il possibile e l'impossibile per aggiustare le cose anche se un'improvvida legislazione impedisce loro di agire proprio nel momento in cui quanto è stato seminato deve ancora portare frutto o la scarsità delle risorse disponibili non permette di completare il processo educativo necessario per il completo inserimento nella società.

Leggendo questi pezzi di vita non si può non pensare che i legislatori (e forse l'intera società italiana) trovino comodo affidare a questi educatori l'intero peso di un compito così importante ma anche così difficile, senza curarsi delle conseguenze che questo disinteresse avrà sulla vita di questi ragazzi e sul futuro del nostro paese. Chiudere gli occhi è in fondo più facile quando si pensa di scaricare su altri il peso delle tragedie umane, nell'illusione che sia possibile risolvere i problemi rigettando le persone oltre confine, verso un passato che, per loro, non esiste più. Oggi questo non è più possibile e ogni paese deve assumersi la sua parte di responsabilità nel grande processo della globalizzazione. Mi auguro che l'Italia si impegni nel futuro a svolgere questo compito meglio di quanto non l'abbia svolto in passato.

Romano Prodi è inviato speciale Onu per il Sahel, già presidente del Consiglio e della Commissione Ue

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