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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 07:03.

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Le strategie per ridare competitività all'Italia sono ovvie se si fa un confronto con il resto del mondo. È probabilmente questa idea di "benchmark" che ha ispirato al Governo «Destinazione Italia», documento di politica economica di una linearità sconosciuta ai nostri esecutivi. È un piano mirato a imprese mobili, per le quali la geografia delle proprie attività è una scelta strategica fondamentale.

Ma è anche un piano che attraverso il cappello dell'attrazione degli investimenti propone misure indispensabili per rafforzare la competitività di tutto il paese. Le imprese globali scelgono dove operare sulla base di costi e ritorni attesi che confrontano più localizzazioni potenziali. Questi calcoli sono allergici ai bizantinismi delle nostre riforme, che anche quando partono con le migliori intenzioni si perdono nel girotondo del compromesso tra interessi di parte.
Per questo motivo il primo obiettivo del Piano, che recepisce molte proposte del Comitato Investitori Esteri di Confindustria, è produrre regole chiare e stabili nel tempo. L'operazione certezza riguarda il Fisco: si prevedono accordi che definiscano in modo certo e irreversibile per cinque anni gli oneri fiscali per i nuovi investimenti e si istituisce un desk presso l'agenzia delle Entrate dedicato ad assistere le imprese multinazionali. Poi il lavoro, dove si propone un Testo Unico Semplificato traducibile in inglese! È possibile pensare che abbiamo un codice del lavoro così oscuro da essere intraducibile? Da tempo questo è un cavallo di battaglia di Pietro Ichino e delle sue proposte di legge. Ma Destinazione Italia è un esercizio rivelatore, spiega, banalmente, che avere un testo unico semplice e traducibile è un passo irrinunciabile, con buona pace del balletto politico.

Infine, la certezza riguarda le autorizzazioni dei nuovi investimenti, che devono essere sottratte al millefoglie di competenze che ha fatto scappare molte grandi operazioni strategiche. Si rivede così il ruolo e il funzionamento della Conferenza dei servizi per accelerarne i procedimenti autorizzativi. Infine le imprese si installeranno in Italia accompagnate da un'agenzia apposita, Destinazione SpA, separata da Invitalia, anche se ne è uno spin off. La costituzione di un'Agenzia ad hoc risolve finalmente la grande confusione tra l'attrazione degli investimenti e la crescita del Mezzogiorno. Questa confusione era insita nel mandato di Invitalia, che pur essendo «l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti», a parte il nome e pochi spiccioli, si occupa soprattutto dello sviluppo economico del Mezzogiorno e di gestione degli incentivi alle imprese. Peccato che gran parte degli investimenti siano concentrati nel Nord Italia e senza bisogno di incentivi.
Oltre a dare maggiori certezze e misure mirate per le multinazionali, il Piano chiarisce come i fattori che rendono più attrattivo un territorio siano anche quelli che lo rendono più competitivo per chi già vi opera. Per questo include anche misure vitali e di portata generale come la riduzione del cuneo fiscale e l'attuazione della Strategia energetica nazionale. E inoltre prevede interventi mirati che riducano tempi e costi dei contenziosi e favoriscano occupazione e ricerca. Insomma, Destinazione Italia fissa il decalogo per rendere competitivo il nostro paese in quanto luogo di impresa. Deve essere applicato e non trasformarsi in un'ennesima inutile lista di buone intenzioni.
barba@unimi.it

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