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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2013 alle ore 07:37.

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Parlano di Corte costituzionale spaccata. Di equilibrio a rischio. Come se davvero la presidenza di Gaetano Silvestri (69 anni, messinese, costituzionalista eletto nel 2005 su input del centrosinistra) ottenuta con un solo voto di scarto, possa aprire una fase di "scontro" o di "tensione" a palazzo della Consulta, quasi un riflesso degli scontri e delle tensioni che albergano nei palazzi della politica.

O possa inquinare il giudizio su questioni politicamente sensibili, prima fra tutte – il 3 dicembre - quella sulla legge elettorale. Niente di tutto ciò. Luoghi comuni. Come quello di una Corte «di sinistra» abitata da «comunisti» sfatato ieri, visto che 7 dei 15 voti deposti nell'urna sono andati a Luigi Mazzella (confermato vicepresidente), eletto anche lui dal Parlamento nel 2005 ma su indicazione del centrodestra e amico di Silvio Berlusconi, secondo quanto registrarono le cronache del 2009, in occasione di una famosa cena a casa Mazzella, ospiti l'ex premier, Gianni Letta, Angelino Alfano, Carlo Vizzini e un altro giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano. Peraltro, non è neanche vero che la scelta del presidente sia sempre dettata dagli orientamenti politici o culturali dei singoli giudici. Spesso prevalgono rapporti di amicizia e di stima o – anche – calcoli sulle future presidenze. Perciò è difficile sapere chi, ieri, ha optato per Silvestri e chi per Mazzella. Neppure il neoeletto lo sa. «Io non so chi mi ha votato e chi no, ma non credo certo di dovermi offendere con chi non lo ha fatto», dice per "rassicurare" la stampa preoccupata dei presunti rischi di spaccatura. Poi aggiunge una notazione importante di questi tempi: «L'unanimità è dei regimi. Io non la amo, preferisco la dialettica. Penso che se ci sono posizioni che si confrontano si ottiene il risultato che è più vicino al risultato giusto».

I luoghi comuni, del resto, sono spesso funzionali a non vedere la realtà. Vero è, infatti, che Silvestri non è il primo presidente della Corte – e non sarà l'ultimo – eletto per un voto di scarto (prima di lui è toccato a Ugo De Siervo, nel 2010) e altrettanto vero è che la Consulta è un organo politico (ma di alta politica), perché il diritto è politica e vieppiù lo è il diritto costituzionale, di cui Silvestri (ex rettore dell'Università di Messina, ex membro del Csm) è uno dei più fini e stimati conoscitori. Vero è anche – e il neopresidente lo dice con la schiettezza che gli appartiene – che «oggi, non solo in Italia, c'è una tendenza a scaricare sul potere giudiziario decisioni che il potere politico non riesce a prendere», per cui, se è fisiologico ricorrere alla Corte costituzionale per dirimere conflitti tra poteri dello Stato, è invece patologico che «situazioni estreme di conflitto si verifichino troppo spesso. Questo è sintomo di una crisi grave del sistema politico, che incide sul sistema costituzionale».
Tra le decisioni che il potere politico «non riesce a prendere» c'è sicuramente quella sulla modifica della legge elettorale. Risalgono a gennaio del 2008 l'avvertimento e il monito rivolti al legislatore dalla Corte con le due sentenze sull'ammissibilità dei referendum elettorali, di cui una scritta proprio da Silvestri. «Il Parlamento consideri con attenzione – vi si leggeva – gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi».

Si parlava espressamente di «carenza» riscontrabile nel cosiddetto Porcellum, che non impone le coalizioni ma le rende solo possibili; il che non esclude (proprio per l'assenza di una soglia minima per l'assegnazione del premio di maggioranza) che vi sia una «eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa». Parole al vento. Dopo cinque anni la riforma elettorale, pur considerata una priorità, resta sulla carta. E così, il 3 dicembre la Corte dovrà decidere se la legge è incostituzionale. Silvestri si limita a citare l'orientamento già espresso, il che «non significa anticipare un giudizio di costituzionalità, che è altra cosa», precisa. Ma il ritardo della politica è evidente. E c'è il rischio che, per fermare la Corte, vi sia un'improvvisa accelerazione destinata però a non produrre risultati immediati o a partire un topolino.
La presidenza-Silvestri durerà fino al 28 giugno 2014 e la Corte ha già in agenda, il 9 ottobre, due questioni delicatissime: il sovraffollamento carcerario e i conflitti tra poteri sul caso Abu Omar/segreto di Stato (dopo i governi Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, anche il governo Letta ne ha sollevato uno contro la Cassazione). Silvestri (che ha scritto sentenze caldissime come quelle sull'Ilva e sulle telefonate Quirinale-Mancino intercettate nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia) ne è consapevole e a chi gli fa gli auguri risponde con una battuta, citando il titolo del libro del maestro Marcello D'Orta: «Io speriamo che me la cavo».

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