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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2013 alle ore 08:29.

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Accertamenti fiscali, più «qualità» meno squilli di tromba



Cosa succederebbe, caro dott. Carrubba, se i giudici venissero retribuiti in base agli anni di reclusione da loro affibbiati? Nel giro di poco tempo le galere si riempirebbero di persone innocenti. È un po' quel che sta succedendo con gli accertamenti e le relative sanzioni, molto simili, sul piano cosiddetto “afflittivo”, a quelle penali, posti in essere, nell' Agenzia delle Entrate, a cura di funzionari che agiscono sulla scorta dell'“obiettivo monetario”; che si muovono, cioè, in base a cifre minime di incassi da realizzare cui sono notoriamente legate la loro retribuzione e la loro carriera. È normale che gran parte degli accertamenti, come risulta anche dagli esiti del contenzioso, siano infondati; e che i cittadini preferiscano pagare (con la riduzione delle sanzioni) per evitare i rischi e i costi, notoriamente altissimi, di un eventuale contenzioso. È normale, pertanto, che i risultati della “lotta all'evasione” siano tali solo di nome. È logico che i soggetti più esposti, i piccoli e medi imprenditori (pilastro dell'economia e dell'occupazione), siano tentati di gettare la spugna e che il nostro paese rischi ancora di più la rovina. Costituendo vantaggio personale per i funzionari del fisco, l'obiettivo monetario tra l'altro rasenta pericolosamente la violazione dell'obbligo di astensione disposto dal “Codice di comportamento” dei dipendenti pubblici; con l'ulteriore, grave, rischio di annullamento, da parte delle commissioni tributarie competenti, di tutti gli accertamenti, anche di quelli fondati, posti in essere dagli uffici.
Luciano Dissegna
Tributarista - Arbitro Consob - Romano d'Ezzelino (Vi)
Abbiamo appreso ieri di sospetti circa la propensione di funzionari di Equitalia ad arrotondare con sistemi ancora meno limpidi di quelli denunciati dal lettore. Il che rende ancora più urgente l'esigenza di rendere sempre più trasparente, semplice e automatico il rapporto tra contribuente e Fisco, oggi talmente complicato da favorire aree di opacità sulle quali prosperano funzionari (e contribuenti) disinvolti.
L'incentivazione alla lotta all'evasione non sarebbe in sé un principio scandaloso, se fosse sopportato da un'onestà diffusa, dal senso dello Stato e dal rispetto per il ruolo che si svolge: qualità non unanimemente condivise, in Italia, in tutti i ranghi. Perciò, era stata la stessa Agenzia delle Entrate a sollevare il tema della "qualità" degli accertamenti, in modo, magari, da ridurre inutili squilli di tromba (e appaganti servizi televisivi) e garantire introiti certi. Occorre procedere su questa strada, per evitare che un rapporto così delicato, come quello tra contribuente e Fisco, diventi ancora più conflittuale e reciprocamente sospettoso: un esito che sarebbe disastroso per la fiducia nelle istituzioni, per la tenuta delle imprese e dei contribuenti e per le casse dello stato.
Cervelli in fuga
Sono un 27enne laureato con la specialistica in Ingegneria Biomedica in Italia e originario dalla Puglia. Mi ritengo uno di quei italiani definiti come “cervello in fuga”: oramai già da 2 anni trasferito in Canada, dove ho trovato un lavoro e uno stipendio che in Italia sarebbero rimasti tra i miei sogni nel cassetto. Pochi giorni fa ho ricevuto la notizia che la mia idea per una start-up è stata selezionata tra le 10 finaliste in un concorso organizzato dalla rivista/sito web più diffuso al mondo riguardante il settore dei dispositivi medici: MD+DI. Soddisfazioni che difficilmente avrei ottenuto restando in Italia. Davvero un peccato
Lettera firmata
Non c'è solo Costa Concordia
Abbiamo rimesso in asse la Costa Concordia e ne siamo tutti orgogliosi. Terminata l'esaltazione per questo "successo italiano", sarebbe però il caso di spostare l'attenzione su ben altre operazioni di protezione civile necessarie e urgenti nel nostro paese.
Centinaia di chilometri quadrati di territorio italiano, fra le province di Napoli e Caserta (ma non solo: presto emergeranno casi analoghi in altre regioni come Calabria, Sicilia e Puglia), sono contaminate da scarichi di rifiuti tossici. Milioni di persone vivono in zone dove l'aria, la terra, l'acqua dei pozzi artesiani e presto anche le falde acquifere sono fortemente inquinate e dove, da almeno un decennio, i tassi di tumori, leucemie, aborti e malformazioni neonatali hanno picchi elevatissimi, colpendo anche persone giovani e con stili di vita non a rischio. Nel giro di 20 anni i fusti tossici interrati negli anni 80 dalla camorra, su commissione di industrie italiane e straniere, cederanno, inquinando gran parte del meridione.
Cosa andrebbe fatto? Si potrebbe cominciare con l'introdurre il reato di strage colposa per tutti coloro i quali hanno contribuito ai traffici di rifiuti tossici.

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