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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2013 alle ore 07:20.

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(Afp)(Afp)

La cancelliera Angela Merkel succede per la terza volta a se stessa sfuggendo alla maledizione della crisi dell'euro, quella che dal 2010 a oggi ha polverizzato senza pietà ben 19 primi ministri.
Si conquista così un posto nel Pantheon politico tedesco, accanto a Konrad Adenauer, Helmut Schmidt e Helmut Kohl, tre grandi europeisti, tutti in un modo o nell'altro padri anche della patria europea. Altri tempi, altro mondo, altra Germania, altra Europa. Riuscirà Angela a ottenere a sua volta quel doppio blasone che ha onorato i suoi più illustri predecessori? Per ora è riuscita a salvare l'euro, e di sicuro non è poco, peraltro con il più che fattivo contributo della Bce di Mario Draghi.

Lo ha fatto però senza visione né strategia, guidata dagli eventi e dall'interesse nazionale, spesso dopo esserne stata prima sommersa. Lo ha fatto senza curarsi delle macerie che si lasciava dietro strapazzando le dinamiche democratiche altrui insieme all'europeismo calante dei cittadini europei. Scettici, disincantati. Addirittura ostili secondo gli ultimi dati del German Marshall Fund: oggi l'82% degli spagnoli, il 65% dei portoghesi e il 58% degli italiani boccia la sua gestione della crisi. La donna catapultata alla cancelleria di Berlino dalla fine del conflitto Est-Ovest non ha esitato a marciare, esasperandole, sulle divisioni Nord-Sud dell'euro, facendone per molti una moneta-prigione, mutilata di consensi e di identità. In un certo modo la Merkel ha vinto in Germania perché finora ha politicamente perso in Europa ed è evidente che, tra le due, non poteva che scegliere la prima.

Ora, centrato l'obiettivo del terzo mandato, dovrà però provare a riconciliarle tra loro per non rischiare alla fine di perdere entrambe. Germania e Europa non possono infatti guardarsi a lungo in cagnesco, altrimenti la convivenza diventa impossibile e prima o poi l'euro si rompe. Si è respirata quiete in Europa in questi lunghi mesi di attesa del verdetto delle urne tedesche. Dietro la facciata compassata non hanno però mai cessato di ribollire dovunque scontento e frustrazioni. Potrebbero esplodere in un'Eurozona in bilico tra una flebile ripresa e un anno e mezzo di recessione con la disoccupazione che viaggia al 5,3% in Germania ma al 12,1 nell'area euro per schizzare al 26,3 in Spagna, al 27,6% in Grecia. Sarà dunque molto impegnativa la partita europea che attende la Merkel al varco.

Non le basterà avere un progetto ben strutturato: dovrà essere convincente per recuperare i perduti consensi europei e ricucire squilibri e ferite aperte in 5 anni di emergenza. Non sarà facile coniugare insieme le opposte diffidenze che ormai si fronteggiano dentro la moneta unica: quelle tedesche che continuano a percepire il Sud come un pigro parassita ingiustamente foraggiato e quelle dei paesi mediterranei che si sentono vittime di un rigore sbagliato e controproducente, oggetto delle manie punitive di un Nord che lucra sulle loro disgrazie. Ora che ha trionfato in casa, molti scommettono che il cancelliere correggerà il tiro della sua politica europea: leadership meno piatta e inanimata, qualche gesto di maggior coraggio solidale perché se il Sud continua a franare alla lunga non può crescere molto neanche il Nord. In breve, un'Europa un po' meno riformatorio e un po' più laboratorio solidale per fare sviluppo e lavoro.

Quasi certamente ci sarà qualche rettifica di rotta. Del resto è già in corso da qualche mese, dopo che la Germania ha toccato con mano i guasti prodotti dai suoi eccessi rigoristi. Nessuna retromarcia, però: i nuovi patti europei per rafforzare stabilità e disciplina sono stati tutti ratificati e operativi. E poi a mantenere la Merkel sulla "retta via" provvederanno ora non solo la Corte di Karlsrhue ma il partito tedesco anti-euro. Sempre austerità per i conti pubblici e riforme strutturali per recuperare competitività di sistema, dunque, sia pure con un po' più di flessibilità su tempi e modi. Il tutto nel segno della crescente affermazione del principio di responsabilità. Visto che finora nessun Governo ha prodotto credibili ricette alternative, la strada è tracciata ed è quella di un'Europa sempre più tedesca, anche se forse un po' meno arcigna. Sbaglierebbe l'Italia a illudersi di ottenere grandi sconti dal terzo Governo Merkel, anche se alleato con i socialdemocratici. Finché non tornerà la fiducia in Europa non solo non ci sarà una solida ripresa ma la vita in famiglia resterà difficile.

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