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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2013 alle ore 09:10.

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Come si dice faccia tosta a Berlino?

Era prevedibile, suppongo, che i profeti dell'austerità del Vecchio continente rialzassero la testa al primo accenno di miglioramento dell'economia. Ma l'editoriale del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble sul Financial Times, che canta vittoria a gran voce perché l'Europa ha avuto un trimestre (ripeto: UN trimestre di crescita) va ben oltre le aspettative.

Ce ne vuole di faccia tosta - chissà come si dirà «faccia tosta» in tedesco - per sostenere che quello che ha fatto l'Europa è un esempio di preparazione efficace a una trasformazione strutturale. E tutte le persone che hanno perso il lavoro, e in alcuni casi la vita? E i milioni di giovani europei che tuttora non vedono speranze di trovare un lavoro decoroso?

Contesto in particolare, come economista, la tesi del ministro Wolfgang Schäuble che l'Europa stia seguendo la ricetta seguita dalla Svezia nei primi anni Novanta e dall'Asia nella seconda metà di quel decennio. In tutti e due i casi il piano comprendeva massicce svalutazioni della valuta, non la lenta e straziante «svalutazione interna» che sarebbe in corso nei Paesi della periferia dell'euro. E, come ho sottolineato più volte, le economie asiatiche si ripresero in tempi rapidi, niente a che vedere con la depressione apparentemente senza fine di gran parte dell'Europa.

Ma dobbiamo renderci conto che arrivati a questo punto non è più soltanto questione di ideologia: in palio qui ci sono l'ego personale e la carriera di molti esponenti politici. I dati indicano, infatti, che i fanatici del rigore nel Vecchio continente hanno fatto qualcosa di terribile, rovinando la vita di milioni di persone.

Non lo ammetteranno mai: si aggrapperanno a tutto l'aggrappabile pur di non farlo.

«In front of your nose»

L'economista António Fatas, come me, è sbalordito dall'evidente incapacità dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di prendere anche soltanto in considerazione l'eventualità che lo scadente andamento dell'economia europea sia il risultato del rigore di bilancio.

Da un certo punto di vista, naturalmente, lo si può capire bene. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in generale (e il suo economista capo Pier Carlo Padoan in particolare) è stata una delle prime e più entusiaste sostenitrici dell'austerity: si capisce perché non vogliono ammettere che i loro incitamenti al rigore in realtà hanno portato l'Europa al disastro. Ciò non toglie che la cosa sia abbastanza deprimente.

Quello a cui abbiamo appena assistito nella zona euro è quanto di più vicino possa esserci a un esperimento a grandezza naturale sulla politica di bilancio, e i risultati confermano in modo schiacciante la validità delle tesi keynesiane. Ci si aspetterebbe qualche ammissione, qualche marcia indietro.

Ma non è così che funziona il mondo. George Orwell lo sapeva bene. Cito dal suo saggio In Front of Your Nose: «Il fatto è che siamo tutti capaci di credere in cose che sappiamo non essere vere, e poi, quando alla fine viene dimostrato che sono sbagliate, distorciamo spudoratamente i fatti per dimostrare che avevamo ragione.

Dal punto di vista intellettuale questo processo può andare avanti a tempo indefinito: l'unico ostacolo è che prima o poi una falsa convinzione va a sbattere contro la solida realtà, di solito su un campo di battaglia. Per vedere quello che abbiamo di fronte al nostro naso serve uno sforzo continuo». E tanti personaggi influenti non sono disposti a fare questo sforzo.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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