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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2013 alle ore 07:07.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2013 alle ore 08:34.

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«Il suggerimento del Fondo monetario internazionale è un passo dovuto per ripristinare la parità di condizioni tra le banche che competono sul mercato», afferma Fulvio Coltorti, direttore emerito dell'area studi di Mediobanca.
In effetti l'apetura dell'Fmi per incoraggiare maggiori accontonamenti e svalutazioni aumentando la deducibilità fiscale delle coperture sulle perdite da prestiti potrebbe aiutare l'erogazione del credito, ma anche ad eliminare disparità con i nostri partner e concorrenti in mercato comune europeo.

«Il differimento della deducibilità degli accantonamenti per crediti in sofferenza nell'arco di diciotto anni a cui sono soggette le banche italiane crea effetti distorsivi della concorrenza nei confronti delle banche estere non soggette a limitazioni simili e, in un momento di rischio di sofferenza più elevato che in passato, induce le banche ad un ulteriore livello di prudenza in sede di erogazione del credito», ricordano Marco Magenta e Marco Ragusa partner di EY. «Al contrario, un accorciamento del periodo di deducibilità eliminerebbe l'attuale disincentivo al recepimento delle svalutazioni dei crediti depurando il relativo processo valutativo da considerazioni di carattere fiscale», concludono i due partner di EY.

In sostanza, se si seguissero i suggerimenti del Fondo monetario di Washington si potrebbe consentire di svalutare i crediti verso clienti in sofferenza in tempi più rapidi di quelli (assai lunghi) consentiti attualmente, ad esempio dando rilevanza fiscale ai crediti "scaduti" (non pagati dopo 90 giorni dalla scadenza), almeno entro una determina quota del monte crediti. Così si otterrebbero fondi aggiuntivi da fornire alle aziende più innovative, i cui risultati positivi potrebbero generare il gettito fiscale per compensare il minor volume di tributi a cui l'Erario rinuncerebbe consentendo la detraibilità di svalutazioni semplicemente "realistiche".

E si metterebbe fine a diversità regolamentari con altri paesi. In teoria, ad esempio, le sofferenze del sistema bancario spagnolo sono al 10% del totale crediti, ma il dato va "pesato" dato che la Banca di Spagna non conteggia tra i crediti problematici gli incagli e i prestiti ristrutturati e scaduti come invece impone Bankitalia. Se si adottasse lo stesso metro di giudizio, come ricorda la banca d'affari Nomura, il tasso dei crediti spagnoli a rischio salirebbe al 19 per cento. Un bel vantaggio.

Infine non si può non ricordare che la proposta dell'Abi è una norma "leggera", come ha precisato lo stesso presidente dell'associazione bancaria, Antonio Patuelli, quando nella lettara al Sole ha ricordato di inserire la deducibilità fiscale solo per i crediti deteriorati derivanti da nuovi impieghi, e non a quelli prodotti dall'intero monte dei non performing loans. In buona sostanza la norma non sarebbe retroattiva ma si applicherebbe solo alle ipotetiche perdite maturate sui nuovi impieghi, con un effetto sul gettito tributario, differito nel tempo, visto che normalmente trascorrono varie annualità prima che un nuovo credito possa eventualmente deteriorarsi.

Senza dimenticare che si potrebbe permettere alle banche di vendere i crediti in sofferenza al valore di mercato consentendo però loro di diluire le perdite su molteplici esercizi contabili così da far ripartire il mercato delle cartolarizzazioni. Le banche incasserebbero le perdite ma senza appesantire un unico bilancio.

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