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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2013 alle ore 07:35.
Se la priorità sarà quella di sostenere le politiche sociali, l'incremento di risorse dovrà perseguire due obiettivi. Uno consiste nell'evitare che la situazione peggiori, invertendo il trend di riduzione degli interventi rivolti a tutti i destinatari (anziani, persone disabili e altri). L'altro è iniziare a colmare i ritardi strutturali laddove oggi sono più pesanti, avviando una tra le molte riforme nazionali mancanti. L'attenzione degli addetti ai lavori e del Governo - come più volte ripetuto da Letta e Giovannini - è concentrata in questa fase storica verso la povertà, che vede sempre più famiglie chiedere aiuto senza ottenere risposte. È da qui, dunque, che si può partire.
Interventi non più parcellizzati
Negli ultimi anni ci si è mossi con interventi parcellizzati e temporanei - la Social card, la Nuova social card e la Carta per l'inclusione sociale - senza un progetto riformatore. Ora dovrebbero tutti confluire, invece, in un più ampio Piano nazionale contro la povertà, che introduca gradualmente - in un triennio - il diritto di ogni persona in povertà assoluta a quella misura nazionale che in Europa è patrimonio condiviso da tempo. Si tratta di un contributo monetario accompagnato dall'erogazione dei servizi - sociali, educativi, per l'impiego - utili a costruire nuove competenze e a organizzare diversamente la propria esistenza. Partendo dalle persone in povertà più acuta, si dovrebbe ampliare progressivamente l'utenza fino a raggiungere tutta la popolazione target; il Piano dovrebbe specificare i passaggi previsti in ogni annualità. Lo Stato stanzia le risorse, definisce le regole fondamentali, indica con chiarezza i passi da compiere nel tempo e così crea le condizioni affinchè, nei territori, enti locali e Terzo settore possano costruire un migliore welfare locale. Tutti gli esperti ritengono che questa sia l'unica strada per cambiare.
Assecondare la progressiva rinuncia alla responsabilità pubblica verso i più deboli oppure spendersi per un futuro diverso: non ci sono alternative, il Governo Letta deve decidere da che parte stare. Vale la pena di appassionarsi al dibattito sulla legge di stabilità.
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