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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2013 alle ore 08:02.
L'ultima modifica è del 09 ottobre 2013 alle ore 08:33.

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Il sogno prima di farsi realtà potrebbe sostare a lungo nell'angolo riservato agli incubi. Londra ha lanciato il programma "help to buy", aiuti per l'acquisto della casa, nel mezzo di una scalata dei prezzi degli immobili che fa temere una bolla, affondata in una ripresa unica in Europa.

Il Fondo monetario ha portato all'1,4% la previsione di sviluppo del Pil 2013, un balzo di mezzo punto rispetto a luglio che promuove le politiche del governo Cameron. Altri vanno più in là immaginando per il Regno di Elisabetta l'1,5-2% di crescita già quest'anno. Gli ottimisti (Centre for Economics Business Research) dicono che abbia nel mirino, nel 2014, il sorpasso della Francia. I visionari suggeriscono che nel prossimo ventennio, aiutata da una dinamica demografica eccezionalmente favorevole, possa inquadrare anche la Germania.

Per ora, Londra non si trattiene dall'azzardo sulla casa, nonostante gli altolà del Parlamento e di economisti indipendenti. La dinamica ha qualche cosa di drammaticamente noto: mutui al 95% del valore degli immobili per chi acquista la prima casa. Le banche rischiano di avvitarsi nella dinamica che creò il credit crunch? Il Tesoro oppone alla critiche il suo scudo: finanzia il programma facendosi garante del 15% del prestito. «Il sogno di un casa di proprietà diventa realtà» ha annunciato il premier David Cameron difendendo una manovra, progettata con lo sguardo sulle elezioni del 2015, che consente di acquistare un immobile con poco più di 10mila sterline di deposito. Resta, anzi cresce, il rischio bolla. Dati di Halifax indicano che su base nazionale gli immobili crescono del 6% l'anno, a Londra del 10% e questo senza considerare il doping che "help to buy" da oggi comincerà ad iniettare nelle vene di un Paese tornato ad annusare l'odore dei soldi.

Anche per questo tanti scommettono che Mark Carney smentirà sè stesso, correggendo la previsione di tassi che vorrebbe mantenere ai minimi fino a quando la disoccupazione non sarà calata dal 7,8 al 7 per cento. Per il governatore della Banca d'Inghilterra non accadrà prima del 2016, perché, ha precisato, «Londra non è il resto del Regno». Che la capitale sia l'isola felice di un'isola senza sorriso dal 2008, è evidente, considerando qualsiasi indicatore. Dalle case, ai consumi, fino all'occupazione in crescita soprattutto nei servizi (i servizi, il 75% dell'economia nazionale, sono targati Londra, con il Pmi a quota 60,5, livello più alto dal 2006 ) sospinti dalle società finanziarie che negli ultimi novanta giorni hanno assunto 10mila persone. Ottimismo ai massimi da 17 anni, anche perché avanzano sia manifattura sia costruzioni.

Londra pilota la crescita, rappresentando il 20% e più dell'economia britannica, ma il risultato è nazionale e assolve una politica fatta di spending review che si rinnovano. Stime di questi giorni indicano che l'1,5-2% di crescita nel 2013 non è impossibile. Il terzo trimestre sembra destinato a chiudere con un balzo appena sotto l'1 per cento. Lo prevede Now-Casting, società che analizza con grande accuratezza le dinamiche dell'economia in Gran Bretagna e in altri Paesi. Secondo Now-Casting il terzo trimestre inglese indicherà un più 0,95%, ma sarà il quarto, con una progressione dell'1,3, a spingere Londra verso una crescita annuale dell'1,75 per cento.

Numeri che fanno della Gran Bretagna, come indica enfaticamente il conservatore Daily Telegraph, «una delle economie in più solida crescita» del mondo sviluppato. Meglio, certamente, dell'Eurozona, anche se il Regno Unito continua a vivere sotto schiaffo, eternamente minacciato da quanto accade nel continente. Nel 2010, il rimbalzo seguito alla "notte" del 2008-2009, sbattè, infatti, contro la crisi dell'euro sprofondando il Paese verso la recessione. E ancora oggi pesa se è vero che il deficit commerciale è salito in luglio a 3,1 miliardi di sterline, fissando il primato negativo dell'anno con una caduta del 7,6% nell'export di beni.

Destinatari della produzione britannica sono ancora i Paesi Ue, per questo la contrazione del continente impedisce a Londra di diversificare la propria economia costringendola a spingere sul pedale dei consumi interni, di cui la dinamica immobiliare è motore importante. Ripresa effimera, dunque, come lo fu nel 2010? «Non credo - precisa Simon Kirby, economista del National institute of economic and social research - che si tratti di un rimbalzo tanto legato, come lo fu allora, allo stockbuilding. C'è qualcosa di molto più solido». Secondo Goldman Sachs il ritorno del credito grazie al rafforzamento del sistema bancario è la chiave di tutto. «Se proseguirà assisteremo alla dinamica opposta degli ultimi cinque anni.

La performance dell'economia inglese dalla crisi ad oggi è stata caratterizzata da bassa crescita, debole produttività, alta inflazione. È presumibile che sarà ora segnata da alta crescita, più forte produttività e bassa inflazione». Per Simon Kirby sono sorprendenti i numeri sulla spesa dei consumatori, cresciuta dell'1% nel primo semestre dell'anno rispetto al semestre precedente. «Con un dato significativo: le vendite di auto - precisa - un vero boom». Nel 2013 saranno 2,2 milioni grazie a 19 mesi di crescita costante delle vendite, fenomeno unico in Europa. Tre quarti del totale sono acquistate a credito a conferma che il denaro circola molto più che in passato, ma anche che l'indebitamento delle famiglie tornerà a crescere dopo il rallentamento innescato dalla crisi. La piaga endemica dell'economia britannica - i debiti privati - riemergerà, accompagnando una ripresa che, in Europa, vede Londra in solitaria accelerazione.

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