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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2013 alle ore 15:10.

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Se i 234 milioni di perdite iscritte a bilancio da Generali nel 2012 sono state per lo più attribuite all'ex Ad Giovanni Perissinotto, diverso il discorso per quelle altrettanto pesanti legate ai crediti inesigibili erogati alla famiglia argentina dei Werthein.
Lì i problemi sono più antichi dell'era Perissinotto. I primi prestiti al gruppo Werthein risalgono infatti al 1999.

Nel corso di un decennio, in cui sono state avviate joint-venture in campo assicurativo e in cui è persino stata creata una merchant bank comune, Assicurazioni Generali ha prestato ai Werthein oltre 800 milioni. Una parte è stata rimborsata, in capitali o in beni, ma ben 393 milioni sono stati iscritti a bilancio come crediti insesigibili già negli anni passati e pochi mesi fa ne sono stati accantonati altri 70.

Insomma è stato un vero e proprio bagno di sangue. Di cui nessuno a Trieste è riuscito a trovare né le motivazioni finanziarie né tantomeno i responsabili. «Non è stata reperita alcuna documentazione che ci spiegasse la logica di business di quei prestiti o ci facesse capire chi li ha voluti», ci dice una fonte interna. «E la cosa più inverosimile è che tra il 2003 e il 2005, quando già c'erano pagamenti in sofferenza, ci sono state ulteriori erogazioni per oltre 150 milioni». Grazie anche a quei flussi, i Werthein si sono potuti permettere di acquisire una partecipazione in Telecom Argentina.

L'ultima rinegoziazione del debito dei Werthein è stata fatta da Perissinotto nel 2011, quando il credito residuo era stimato in 175 milioni. Poiché nel marzo di quell'anno Werthein avevano venduto per ben 104 milioni di euro una quota del veicolo di controllo di Telecom Argentina al socio italiano (Telecom Italia) si potrebbe pensare che nell'accordo fosse incluso un rimborso almeno parziale in cash immediato. Invece no. Ai Werthein fu dato tempo fino all'aprile del 2013 per pagare i primi 80 milioni e fino ad aprile del 2014 per i restanti 95. E cosa è successo in aprile? Nulla. Per questo Mario Greco si è sentito in dovere di accantonare altri 70 milioni.

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