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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2013 alle ore 06:45.
L'ultima modifica è del 18 ottobre 2013 alle ore 08:00.

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Pur essendo una delle maggiori potenze economiche, la Germania è leader riluttante sulla scena geopolitica internazionale. Gli Stati Uniti vorrebbero che la Germania assumesse un ruolo globale commisurato al suo potere economico. In tal senso si è pronunciato il presidente Obama che ha invitato più volte la Germania a unirsi agli Usa per fare fronte comune alle sfide globali. Ma Berlino preferisce che se ne occupino Gran Bretagna e Francia. Si tratta di una scelta che, come ha osservato qualche mese fa Jan Techau, direttore di Carnegie Europe, lascia un vuoto geostrategico nel cuore dell'Europa.

Oggi la Germania ha un'economia forte, ammirata e temuta. È vero che il surplus delle partite correnti, secondo il Fondo monetario internazionale, quest'anno si contrarrà al livello più basso dal 2005 al 6,1% del Pil. Ma esso è ancora enorme. Quando i paesi Ue in sofferenza hanno ridotto la domanda, la Germania ha cercato di sostenere il suo surplus esportando verso i mercati emergenti. Essi hanno manifestato segni di sofferenza contraendo a loro volta la domanda. Così per mantenere un surplus che si prevede si attesterà al 5% del Pil nei prossimi anni, la Germania avrà bisogno sia di nuovi mercati che di tornare a qualcuno dei vecchi come i partner dell'Eurozona.

Tuttavia, dall'andamento del commercio estero tedesco nell'ultimo ventennio, emerge un quadro più complesso. Secondo i dati pubblicati dal Statistisches Bundesamt, la quota dell'export verso i Paesi Ue sul totale dell'export tedesco si va costantemente riducendo da molto tempo prima della crisi, essendo passata dal 66,2% del 1991 al 63,3% del 2006 e al 57% del 2012 . Il fattore più significativo è che sono stati proprio i Paesi della zona euro a incidere sulla contrazione di questo flusso (dal 51,6% del 1991 al 43,3% del 2006, al 37,4% del 2012). Benché l'introduzione della moneta unica abbia stabilizzato l'interscambio per qualche anno, l'export tedesco verso i partner euro ha cominciato nuovamente a contrarsi dal 2005, rivelandosi così un fenomeno strutturale. Anche se Francia e Olanda (seguite da Cina, Usa e Uk) rimangono i principali partner commerciali, una conferma a questa relativa perdita di importanza dell'Eurozona per le esportazioni tedesche viene dall'andamento complessivo dell'interscambio con le importazioni che si sono ridotte dal 48,6% del totale nel 1991 al 37,6% nel 2012.

Per quanto vi sia profonda integrazione con l'Europa, il commercio della Germania con i partner dell'euro difficilmente tornerà ai livelli del passato. Infatti già oggi i più importanti trading partner extra-Ue sono economie primarie e in movimento come Stati Uniti e Cina. E Pechino è il più importante mercato per Volkswagen, ossia per quell'industria dell'auto che, con macchinari e chimica, rappresenta l'atout della Germania sui mercati mondiali.
Secondo un'analisi della Bundesbank sul comportamento degli investitori tedeschi, innanzitutto istituzionali, questi hanno operato cospicui acquisti di titoli esteri nel 2012 (per 214 miliardi di euro), di cui 3/4 composti da titoli di Stato. Quanto agli investimenti esteri corporate sono aumentati di 61 miliardi di euro. Se si considera che, stando a uno studio della svizzera Bank for International Settlements, il surplus corrente tedesco in rapporto al Pil è tre volte maggiore di quello cinese, c'è un'enorme nuova massa di risparmi nelle casse delle banche tedesche che attendono di essere investiti all'estero e che richiederebbero perciò una adeguata assunzione di leadership e visione geopolitica da parte di Berlino.

Ma non sembrano esserci indizi che questo possa avvenire a breve, poiché la stessa architettura istituzionale tedesca è un contrappeso a leadership troppo assertive. Il peso della storia condiziona i leader tedeschi. Eppure, solidarietà e fiducia sono valori fondanti nella società tedesca, con le regioni ricche che aiutano quelle povere purché esse si adeguino senza trucchi alle regole della disciplina di bilancio, e vi é ancora rispetto per le istituzioni. La Germania ha davanti a sé sfide importanti che non può eludere, come ha ricordato recentemente il presidente della banca centrale tedesca, Jens Weidmann. E come altre economie che, per competere globalmente, si trovano a dover affrontare profonde riforme in una società che invecchia, ad attrarre lavoro qualificato e a ridurre i costi pubblici, anche la Germania non potrà restare a lungo immobile sulla scena geopolitica mondiale.

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