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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2013 alle ore 08:19.
Il modello svedese
per i tagli che l'Italia
non sa (vuole) fare
Da cittadino qualunque, adirato per gli alti costi della politica, vorrei rivolgere un invito ai sindaci che si sono trovati a Firenze. Leggiamo le loro lamentele/minacce contro il governo per i nuovi tagli ai loro fondi. A mio parere, governo/Parlamento dovrebbero rispondere con una azione drastica: tagliare il numero dei Comuni. In Italia ce ne sono molti con pochi residenti. L'Italia dei Comuni ha avuto la sua gloriosa storia nel Medioevo. Dopo l'Unità d'Italia, tanti Comuni aveva forse un senso per la necessità di essere vicini ai cittadini quando, per gli spostamenti, i signori andavano a cavallo e gli altri in bicicletta, quando se la potevano permettere, se non col carretto o con le scarpe rotte. Ma oggi, con la mobilità moderna e con internet che ci porta in casa gli uffici comunali e un giorno non lontano anche la cabina elettorale, che senso ha mantenere un numero così elevato di Comuni se non, nel comune sentire, per assicurare poltrone a una classe politica sempre più affollata con la correlata burocrazia che spesso più che facilitare complica la vita dei cittadini? Durante la grande crisi degli anni Novanta, la Svezia, in un sol colpo, tagliò il 50% dei Comuni senza barricate, ma quelli erano "svedesi" mentre noi italiani siamo stati talmente frastornati da non sapere più chi siamo, vista la disgregazione politica e sociale in cui viviamo.
Gino Pierantozzi
Milano
Non dubito che una razionalizzazione dei Comuni sia opportuna. Ma sono certo che non sia risolutiva. Nell'ambito degli enti locali, a me paiono decisivi tre passi per ridurre la spesa e garantire la crescita: abolire quanti più livelli di governo possibile, a partire dalle Province; andare con l'accetta sulle spese, frequentemente denunciate da questo giornale, delle Regioni, la cui elefantiasi burocratica (non di tutte) compromette servizi essenziali come la sanità; e vendere le partecipazioni municipali che rappresentano, quelle sì, gli strumenti più efficaci per perpetuare poteri locali, normalmente assai più inamovibili di quelli nazionali.
La Svezia ha tagliato metà dei Comuni; ma non si è salvata certo grazie a quella misura. Quando esplose una crisi finanziaria ed economica senza precedenti, negli anni 90, Stoccolma innanzi tutto pose fine al lungo regno socialdemocratico, tanto per verificare se idee diverse potessero migliorare la situazione; poi accettò, "senza barricate", misure drastiche (riforma delle pensioni, liberalizzazioni, risanamento del sistema bancario) che costarono il potere ai conservatori, ma che i nuovi governi si guardarono bene dal contro-riformare. Col risultato che oggi quel Paese è diventato una mecca per gli investitori esteri, con una pressione fiscale globale che è del 53% contro il 68,3 % dell'Italia (le tasse sui profitti pesano rispettivamente per il 15,7 contro il 22,9%; quelle sul lavoro per il 35,5 contro il 43,4%).
L'Italia avrebbe bisogno dello stesso coraggio (altro che l'eliminazione del Consiglio comunale di Fiera di Primiero!) e dello stesso consenso sugli obiettivi da raggiungere (e a questo dovrebbero servire i governi di grande coalizione, che perdono la propria ragion d'essere se si trasformano in coalizioni di grande litigio). Mi ha colpito una pagina del Financial Times di mercoledì scorso, dedicata ai primi segni di uscita dalla crisi dell'Eurozona ("Un'impresa a metà strada", titolava): mentre diversi interlocutori ascoltati erano italiani, del nostro Paese non si parlava completamente, quasi che ormai fosse sparito dai radar. A conferma che abbiamo le professionalità, ma non le strategie per metterle al servizio di un futuro diverso, che non potremo costruire con misure occasionali e raccogliticce.
Le sorprese sul Datagate
La Nsa rivela che i servizi segreti europei alleati hanno sempre collaborato alla rete di intercettazioni messa a nudo dal Datagate, difficile dunque credere che i vertici politici siano del tutto all'oscuro. Possono non conoscerne il dettaglio, ma che la ignorino è poco credibile. In merito Romano Prodi ha dichiarato che già dieci anni fa, durante il suo mandato di presidente della Commissione europea, sapeva di essere finito sotto le antenne di Echelon. Tutto lo stupore di Hollande, Merkel e Letta è forse più scena che sostanza. Con schiettezza, è ancora Prodi ad affermare che ragioni di sicurezza possono legittimare un'intrusione del genere. Ragioni che c'erano durante la guerra fredda, che apparentemente sono continuate con la minaccia di Al Qaeda, ma sulle quali però è oggi legittimo porsi qualche dubbio.
M.L.
Più tutele per l'artigianato
Ogni giorno numerose imprese artigiane chiudono per la crisi: con ogni chiusura spariscono sapere e valori artistici di altissimo livello. È un danno enorme per gli artigiani ma anche per l'Italia che all'articolo 48 della Costituzione afferma «La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato». Nell'attuale contesto economico questa tutela può essere perseguita solo rilanciando, in forme nuove e svincolate dalla politica, la cooperazione tra ditte artigianali.
Lettera firmata
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