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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2013 alle ore 09:09.
L'ultima modifica è del 03 novembre 2013 alle ore 14:14.

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Siamo entrati nell'euro mantenendo tale stato nel dimenticatoio. Sino a quando, nel 2005, è stata emanata una legge che ha disposto il trasferimento delle quote dai privati allo Stato. In tal modo, Bankitalia avrebbe assunto un assetto più consono al suo ruolo e assolutamente in linea con la regola in Europa, dove le banche centrali sono interamente possedute dallo Stato. Una legge sino ad oggi disattesa.

Ma qual è il ruolo dei soci "privati" in Bankitalia oggi? Come detto, essi non possono interferire nella condotta istituzionale ("industriale") della banca, ma intervengono in sede di governance ad esempio su modifiche statutarie, sull'approvazione del bilancio annuale e sulla ripartizione degli utili, compresa "l'assegnazione dei frutti delle riserve". I partecipanti riuniti in assemblea nominano i 13 membri del Consiglio superiore che nomina a sua volta il Direttore generale e i vice direttori generali (sia pur su proposta del Governatore). Il Consiglio superiore è anche titolato ad esprimere il suo parere sulla nomina del Governatore che viene poi disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Consiglio superiore decide sulle alienazioni degli immobili, sulla pianta organica, ecc. Dunque, il ruolo dei soci non è marginale ed attiene alle questioni amministrative e dirigenziali, comprese quelle che riguardano le retribuzioni. Questi soci oggi paiono alla ricerca del modo in cui chiedere una valutazione che non li espropri senza giusto indennizzo (c'è chi ha scritto in bilancio importi multipli della cifra "rivelata" dal Ministro Saccomanni: per loro più che di rivalutazione si parla di svalutazione).

Come si sono comportati i soci "privati" fino ad oggi? Difficile saperlo. Leggendo i verbali di via Nazionale paiono somigliare ai nobili dei tempi della Francia pre-rivoluzionaria; corteggiavano Luigi XVI per ricevere appannaggi ed esibire il privilegio di vestirlo subito dopo il risveglio mattutino. Così, tutte le delibere sembrano preparate dalle segreterie di via Nazionale per essere poi proposte in assemblea, a turno, da Intesa Sanpaolo e Unicredit (che posseggono nel loro insieme il 65% delle quote); delibere che vengono quindi approvate inevitabilmente all'unanimità. Lo stesso collegio sindacale è a nomina privata e, stante il conflitto vigilante-vigilato, pare assai debole la capacità (e la convenienza) dei soci di vigilare sull'accountability dell'ente. Una vigilanza che poteva essere inimmaginabile quando Bankitalia era a controllo pubblico essendo retta da persone che indicavano un alto esempio al Paese, anche con sacrificio dei propri interessi. I soci di oggi sono divenuti "privati" e sono rappresentati da amministratori che debbono rispondere ai propri azionisti su quanto valore creano per loro. Potremmo a buona ragione riprendere le parole che Guido Carli riservò nel 1972 ai successori di Raffaele Mattioli: "mani che non sapremmo immaginare migliori, ma alle quali è difficile riservare lo stesso statuto eccezionale".

Un'ultima annotazione. Come ho ricordato, le banche centrali dell'eurozona debbono, nel rispetto delle regole europee, sostenere la politica dei governi nazionali e credo che così debba essere per Bankitalia anche se il suo attuale statuto non lo prevede. Il cruccio maggiore del nostro Governo riguarda l'assenza di mezzi adeguati per sostenere il rilancio dell'economia. La vicenda Bankitalia si prospetta come un'occasione ben più importante del misero gettito di un'ennesima imposta. Qui vi è l'occasione di provvedere uno stimolo importante agli investimenti. Se Bankitalia valuta le quote dei "privati" 5-7 miliardi ammette implicitamente che i restanti circa 16 miliardi che mancano per raggiungere il suo patrimonio netto contabile di 23,5 miliardi spettano allo Stato. Ricordo che Bankitalia "soffre" di un eccesso di patrimonializzazione rispetto alle consorelle europee valutabile in circa 14 miliardi di euro (per il calcolo rimando all'articolo pubblicato sul Sole24Ore del 5 settembre scorso). Sarebbe allora molto semplice procedere come segue:

i) lo Stato rileva le quote dei privati nel capitale Bankitalia pagando loro 6 miliardi cash (importo che tra l'altro corrisponde al valore minimo ipotizzato nel progetto Bankoro da me presentato insieme con Alberto Quadrio Curzio sul Sole24Ore del 16 aprile e del 5 settembre scorsi);

ii) subito dopo la Banca d'Italia riduce il proprio patrimonio per esuberanza di circa 14 miliardi con rimborso ai soci (lo Stato); dopo tale riduzione essa resta sempre la banca centrale più solida dell'eurozona;

iii) lo Stato destina la differenza di 8 miliardi ad un fondo per la promozione degli investimenti innovativi di imprese meritevoli, preferibilmente manifatturiere.
In questo modo si sistemerebbe elegantemente l'assetto proprietario di Bankitalia senza complicarle la vita con impresentabili soci privati e, soprattutto, si farebbe buona politica industriale. Si potrà obiettare che in tal modo non si coprirebbe il fabbisogno per la seconda rata dell'Imu da abrogare: ma le imposte si possono ridurre solo tagliando le spese pubbliche.

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