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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2013 alle ore 07:30.
L'ultima modifica è del 12 novembre 2013 alle ore 07:50.

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Per chi siede nei «salotti buoni», la decisione di Intesa di uscire dal capitale delle Generali non è certamente una sorpresa. Ormai da tempo, il legame tra la più importante banca italiana e il più grande gruppo assicurativo e finanziario nazionale prestava il fianco alle critiche.

Non solo conflitti di interesse, ma soprattutto sospetti e illazioni su (veri o presunti) obiettivi di scalate: mire segrete su Trieste, non a caso, vengono ancora menzionate tra le ragioni che hanno spinto le fondazioni azioniste della banca a rimuovere Enrico Cucchiani dal vertice.
Diverso è invece il discorso per chi si trova fuori dal club: per il piccolo risparmiatore, come per chi muove i grandi flussi di denaro tra le blue chips internazionali, l'Italia resta un mercato ancora difficile da decifrare. Anche se operazioni come quella anunciata ieri da Intesa rendono meno intricato il controllo dei grandi gruppi italiani - come del resto sta avvenendo con la dissoluzione dei patti di sindacato messa in moto da Mediobanca e dalla sua controllata Generali - il quadro complessivo, le mosse e soprattutto gli effetti di questo riassetto finanziario sono un rebus avvolto nel mistero.

La stessa dismissione annunciata ieri da Intesa offre più spunti di analisi. Si tratta di una piccola partecipazione, pari a 21 milioni di azioni, vale a dire l'1,3% del capitale della compagnia assicurativa. Domanda: si può dire che questa operazione segni la fine del rapporto tra la banca e il Leone? Certamente sì. Ma è anche vero che i soci forti di Intesa sono ancora azionisti importanti di Trieste. Tra i principali soci di Generali, che è il primo gruppo assicurativo in Italia, ci sono infatti Mediobanca (13,4%), la Cassa depositi e prestiti (4,4%), gli imprenditori Francesco Gaetano Caltagirone (circa il 2,3%) e Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, con quasi il 3%, la famiglia De Agostini (poco più del 2%). Ma soprattutto, ci sono anche Effeti, la holding partecipata dalla Fondazione Crt (azionista di Unicredit, principale azionista di Mediobanca) e dai finanzieri veneti riuniti in Palladio (Meneguzzo e Drago). Poiché l'asse in Effeti si è incrinato, il mercato si aspetta un divorzio che potrebbe portare sul mercato il 2% di Generali. Non solo. Palladio controlla direttamente un altro 1,2% del Leone, quota che la stessa finanziaria veneta ha definito «non strategica»: è bene ricordare, però, che Intesa Sanapolo, sotto la guida di Cucchiani ha rilevato a sorpresa il 5% di Palladio e resta quindi indirettamente azionista delle Generali. E la Fondazione Cariplo, a sua volta azionista importante di Intesa, ha in mano l'1,5% delle Generali. In altre parole, Intesa è uscita da Generali, ma i suoi soci hanno ancora voce in capitolo. Da parte sua, anche il Leone sta tagliando vari ponti: via da Telecom, via da Rcs e meno peso in Banca Intesa. Nell'aprile scorso, le Generali hanno rivelato di aver ridotto la quota in Intesa Sanpaolo al 2,70% dal 3,15% risultante all'ultima assemblea dei soci di fine ottobre.

Seguire questo riassetto delle partecipazioni e dei salotti buoni non è insomma facile. Ma soprattutto, la vera domanda senza risposta è quale sarà l'assetto finale di questo processo: il controllo di Generali non è oggi in discussione, ma tra tre anni potrebbe anche non essere lo stesso. Chi saranno, infatti, gli azionisti forti dopo che Mediobanca avrà limato la propria quota in Generali al 10% dal 13% attuale, come si è impegnata a fare entro il 2015? E chi comprerà il 4,4% che anche la Cassa depositi e prestiti si è impegnata a vendere entro la stessa data? E infine: chi rileverà le azioni di Generali in mano a Palladio se i veneti decidessero di venderle? Stesso discorso per la quota di Effeti, o per un altro 3% che gli analisti prevedono in uscita: in totale, c'è una quota di oltre il 10% che di qui a tre anni potrebbe passare di mano. In conclusione, le mosse del riassetto sono ancora molte. Il fatto positivo è che la ridefinizione del controllo delle Generali non sta condizionando in alcun modo il management del Leone: il cantiere aperto dal piano industriale di Mario Greco procede bene e i risultati, industriali e di Borsa, gli danno ragione. E questa, oggi, è la novità più importante per il mercato.

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