Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2014 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 26 febbraio 2014 alle ore 08:58.

My24

In questa storia, ci sono il signor Pietro e l'ingegner Manfredo. La vicenda della Barilla costituisce un caso paradigmatico dello sviluppo industriale italiano. Il signor Pietro (Barilla) e l'ingegner Manfredo (Manfredi), che viene ricordato a un anno dalla sua scomparsa oggi alle ore 15 nel quartier generale di Parma, hanno segnato la costruzione di una impresa, da piccola realtà di provincia a multinazionale. Insomma, la storia del Paese. Il loro sodalizio – umano prima che professionale – è essenziale nella strutturazione organizzativa e produttiva di un gruppo che ha accompagnato l'Italia nella sua evoluzione da Paese agricolo a Paese industriale.

Negli anni Cinquanta e Sessanta le loro attività sono complementari. Pietro Barilla è l'uomo del marketing. È su questa funzione aziendale, che diventa quasi una visione del mondo, che edifica la sua identità di imprenditore. Adatta all'Italia, ai suoi ritmi e alle sue mentalità, le tecniche pubblicitarie che ha assorbito negli Stati Uniti. Barilla entra nell'anima degli italiani con campagne come «Con pasta Barilla è sempre domenica» e con la partecipazione al Carosello dove si avvale dei volti di Mina, Giorgio Albertazzi e Dario Fo. Manfredi, nel 1953, a 28 anni è il primo ingegnere assunto alla Barilla. È lui a occuparsi della industrializzazione degli impianti, che vengono sottratti dalla dimensione artigianale e assumono i connotati di una efficiente fabbrica fordista. Da direttore tecnico, modifica e modernizza impianti e macchine: progetta la prima linea continua al mondo per la pasta lunga. Un intervento tanto incisivo e profondo da convincere Pietro Barilla ad affidargli anche la responsabilità della produzione. Questo duplice incarico è mantenuto da Manfredi fino al 1960, quando diventerà direttore generale, una posizione conservata fino al 1970. In questa veste, segue nel 1961 il progetto di Pedrignano, vicino a Parma, dove ancora oggi si trova il pastificio più grande del mondo.

È allora che inizia a coltivare un gusto per l'attività manageriale a 360 gradi che lo porterà ad appassionarsi anche della parte più umanistica del fare impresa, tanto che racconterà il suo interesse per la componente più immateriale di questa avventura imprenditoriale nell'intervista rilasciata nel 1995 a Giancarlo Gonizzi e poi confluita nel 2004 nel «Barilla: 125 anni di pubblicità e comunicazione». Dunque, negli anni Sessanta, Manfredi diventa il dirigente versato in ogni aspetto della vita aziendale, ma soprattutto è l'uomo di fiducia con cui Barilla si consulta per le questioni strategiche: come capita ai manager operativi di alto livello, sa unire la conoscenza dei numeri con le problematiche industriali, le questioni tecnologiche con i fenomeni di marketing, tanto essenziali nello sviluppo non sempre lineare né privo di passaggi accidentati della società di Parma. Una versatilità che è completata con un periodo ad Harvard, secondo il classico percorso formativo dei dirigenti industriali europei del tempo.

Nel 1971 i Barilla vendono alla Grace, una multinazionale americana intenzionata a svilupparsi nell'agroalimentare europeo. Manfredi, in questo frangente traumatico, costituisce l'elemento di maggiore continuità. Oltre che direttore generale, diventa amministratore delegato. Gli otto anni con la Grace come azionista sono complessi. Ci sono la crisi energetica, la violenza politica nelle strade, il sindacalismo duro, l'inflazione. Manfredi – ricordato da tutti alla sua scrivania alle otto del mattino con una copia fresca de «Il Sole 24 Ore» – è l'ago della bilancia. Lo è nella comunità della fabbrica. Dice Guido Barilla: «Manfredo ha accompagnato sessant'anni della nostra storia, senza di lui l'azienda sarebbe stata diversa. Ha contribuito a crearne l'identità ed è stato custode dei suoi valori e della sua gente anche negli anni Settanta, quando l'azienda era americana». È l'ago nelle strategie. Racconta bene la voce di Pietro Barilla, modulata dal sociologo e amico di famiglia Francesco Alberoni nella sua biografia «Tutto è fatto per il futuro. Andata avanti con coraggio» (Rizzoli, 2013): «Il Governo, dopo la crisi petrolifera del 1973 aveva messo un calmiere sulla pasta. Per chi faceva un prodotto di alta qualità dove la materia prima – il grano duro – costa molto, significava un crollo dei profitti. Alcuni pastifici hanno ridotto i costi mescolando farina di grano tenero a quella di grano duro. Ma noi non potevamo farlo. Noi no. Innanzitutto perché era proibito dalla legge, ma la ragione fondamentale è che non volevamo rovinare l'immagine della pasta Barilla. L'ingegner Manfredi, e qui gli va dato atto di avere avuto una grande determinazione, ha tenuto duro. Ha ridotto al minimo i costi della pubblicità, ma non ha toccato il prodotto. Questo ci ha consentito la grande ripresa quando è finito il calmiere». Peraltro, nel 1975 Manfredi cura la diversificazione con il lancio del Mulino Bianco. Nel 1979 Pietro Barilla riacquista l'azienda. E, naturalmente, riconferma per i successivi dieci anni nella doppia posizione – amministratore delegato e direttore generale – Manfredo Manfredi, il quale si occupa di introdurre in azienda i tre figli di Pietro: Guido, Luca e Paolo. «Se le organizzazioni non sono ispirate da valori solidi e condivisi, manca il vero battito cardiaco dell'impresa», lo hanno spesso sentito dire.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi