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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2014 alle ore 10:41.
L'ultima modifica è del 01 marzo 2014 alle ore 10:48.

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Il governo Renzi è alla prova del fuoco. Deve dimostrare che le speranze nel giovane primo ministro sono ben riposte. Deve dare un segnale di cambiamento che ridia fiducia al Paese. Deve fare qualche cosa per rilanciare subito l'economia. Ma cosa?

Il vincolo di bilancio imposto dall'Europa rende difficile una manovra fiscale espansiva. La maggioranza disomogenea rallenta qualsiasi riforma, tantomeno la possibilità di una riforma al mese. E anche se le riforme venissero approvate a ritmo battente, la lentezza della macchina burocratica non ne renderebbe percepibili gli effetti per molti mesi (se non anni). Stiamo ancora aspettando i decreti attuativi di molte delle riforme approvate dal governo Monti. Ma allora che fare? Uno dei pochi campi in cui il potere del governo è assoluto e immediato è quello delle nomine. Nei prossimi mesi ci sono più di 400 nomine da effettuare: dall'amministratore delegato dell'Eni al commissario Consob scaduto già a dicembre.

Tradizionalmente queste nomine sono viste come un'opportunità per distribuire prebende ed ingraziarsi persone, non come una decisione di politica economica. E fintantoché rimangono un puro esercizio di potere, non potranno avere alcun effetto benefico sull'economia. Eppure un cambiamento radicale non solo nelle persone, ma nel metodo, un'affermazione del principio della meritocrazia - sconosciuto in Italia - potrebbe avere un enorme effetto positivo non solo sul morale degli italiani, ma anche sulla nostra economia.

Gestite da persone competenti, le imprese pubbliche comincerebbero a funzionare meglio e le agenzie governative a essere più efficienti. Ancora più importante sarebbe il fatto che i nominati per merito sarebbero liberi di operare nell'interesse dell'azienda, non limitati nelle loro azioni dalla necessità di restituire il favore a chi li ha nominati. Dal vertice delle imprese e delle agenzie governative, il principio della meritocrazia comincerebbe a diffondersi a cascata all'interno delle varie organizzazioni, motivando i dipendenti capaci e isolando faccendieri e intriganti. Quante ore-uomo vengono sprecate ogni giorno nelle nostre imprese in office politics? Se un nuovo metodo di nomina riducesse solo di un terzo questo spreco, il beneficio in termini di efficienza sarebbe enorme.

Non basta. Una rivoluzione meritocratica spingerebbe i giovani a studiare (che serve lo studio se la nomina avviene per conoscenze) e a non emigrare. Una rivoluzione meritocratica ridarebbe speranza a una gioventù che l'ha persa.

Ma come dare inizio a questa rivoluzione meritocratica? Il grande rischio che corre Renzi è quello di pensare di essere in grado di fare meglio di chi lo ha preceduto semplicemente perché lui è diverso (più bravo, più onesto, più giovane, più...). È l'illusione in cui cadono tutti: che sia principalmente un problema che affligge gli altri, non un problema di metodo, che affligge tutti fintantoché il metodo non cambia. In realtà, anche il politico più onesto e ben intenzionato cade vittima di pressioni e raccomandazioni (la fila dei questuanti è pressoché infinita). Tanto più un politico inesperto come Renzi. Lui dovrà inevitabilmente appoggiarsi a consigli di amici e sostenitori. Al vecchio sottobosco se ne sostituirà uno nuovo, forse più giovane, ma non necessariamente migliore.

Non basta neppure la foglia di fico della società di head hunting, usata dal governo Letta. Queste società adempiono un mandato. Se il mandato (esplicito o implicito) è quello di trovare il meno peggio (o il più ammanicato) tra gli amici di chi sta al potere, la maggior parte delle società di revisione si adegua (anche se per fortuna ci sono delle nobili eccezioni).

Per funzionare il metodo di selezione deve essere trasparente e deve ridurre al minimo la discrezionalità del governo nella scelta della persona, pur lasciando al governo stesso la scelta degli obiettivi che questa persona dovrebbe raggiungere. A questo scopo propongo il seguente metodo. Innanzitutto, il governo annuncia dei criteri oggettivi di performance e numero di mandati sulla base dei quali decide se confermare la persona esistente al suo poso. Se la persona va sostituita il governo dichiara pubblicamente le caratteristiche della persona che vorrebbe in quella posizione e gli obiettivi che questa persona dovrebbe conseguire. Sulla base di questa indicazione si chiede alle prime cinque società di cacciatori di teste sul territorio nazionale di presentare un nome ciascuna. Dalla rosa di cinque nomi il governo elimina i due che considera meno adatti e poi sorteggia (in modo pubblico) il nominato tra i tre rimanenti. Le due società di head hunting che hanno proposto il candidato scartato non vengono pagate, le altre tre si dividono la parcella equamente. Alla fine del mandato, se il candidato non ha raggiunto gli obiettivi stabiliti, la società di head hunting che ha proposto il nome del candidato scadente sarà esclusa dalle cinque che presentano un candidato e un'altra verrà inserita nella lista. In questo modo si premia la qualità della scelta e si riduce il rischio che i cacciatori di teste presentino un candidato indicato in modo informale dal governo.

Liberi da debiti di riconoscenza (il governo non nomina, elimina solo) e con precisi obiettivi da conseguire, i nominati potranno finalmente gestire le imprese in modo efficiente e non clientelare. Sarebbe una vera rivoluzione. Una rivoluzione che Renzi può e deve fare. Altrimenti la colpa è solo sua.

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