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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2014 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:53.

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Pensa alla politica e gli viene in mente Sherazade, che per mille e una notte ha rimandato il finale della favola al re persiano Shahriyar. Il paragone regge: si va avanti da troppo tempo, senza prendere quelle decisioni urgenti per rilanciare l'Italia. «Solo che stiamo stanchi di sentirci raccontare le favole. Hanno fatto promesse, ma i risultati non si sono visti. La situazione dell'economia va affrontata con un piano organico di sviluppo del Paese». Ieri pomeriggio Jacopo Morelli ha aperto i lavori delle Assise dei Giovani, una riunione che si svolge ogni tre anni: una riflessione sia sui temi del Paese, sia sugli obiettivi che il movimento vuole perseguire. C'è sempre di più la volontà, come è emerso da una ricerca dal titolo "L'onore e l'onere di essere movimento", di far sentire la propria presenza nel dibattito civile e politico, pur rimanendo apartitici.

Non guardare solo all'organizzazione come difesa di interessi propri, ma avere come prima istanza lo sviluppo del paese.

«Le aziende hanno la voglia di crescere e di creare occupazione. Ma come è possibile con un fisco che ha raggiunto livelli da confisca, in un Paese che è al 75° posto come ambiente favorevole al fare impresa. E che addirittura scivola al 138° se si considera solo l'aspetto fiscale», dice Morelli. Che denuncia una «mancanza di volontà e capacità di esecuzione della politica». Ora si sta parlando, sottolinea, di un nuovo decisionismo: «Noi imprenditori prendiamo decisioni tutti i giorni, ma la parte più difficile è dare seguito a queste scelte. Il governo e la politica devono avere chiari i passaggi e le persone che porteranno a compimento le decisioni prese».

Bene sentir parlare di riduzione della pressione fiscale per imprese e lavoro, di semplificazione, dei pagamenti della Pa. L'importante, sottolinea, è passare dalle parole ai fatti. E poi ci sono quegli 800 miliardi di spesa pubblica, di cui 600 non comprimibili, ma 200 sì. «Agendo su un 10%, che sarebbe possibile, si avrebbero a disposizione 20 miliardi, da spendere per il rilancio dell'economia». Serve volontà politica, e non operazioni di facciata. «Qual è il significato, con tutto il rispetto per le persone, di nominare un commissario alla spending review quando esistono un ministero dell'Economia e una Ragioneria generale. È solo un'operazione di marketing». Un'altra prova, l'incapacità della politica di riformare la legge elettorale. Morelli ricorda un convegno di Santa Margherita, a giugno del 2012, dove i segretari dei principali partiti promisero davanti alla platea di varare la riforma in tre settimane. Finora, nulla di fatto.

La ripresa stenta. E pensare che in Italia, sottolinea il presidente dei Giovani (una base di 13mila imprese), c'è la più alta percentuale di imprenditorialità. «Vogliamo crescere e creare posti di lavoro, ma è difficile stare sui mercati con 20 punti di competitività in meno rispetto alla Germania, primo paese manifatturiero in Europa, nostro principale concorrente. Dire cogliere la ripresa non ha senso, bisogna agire per crescere, ognuno è artefice del proprio futuro». Per questo tra le battaglie dei suoi tre anni di presidenza Morelli ha insistito moltissimo sul merito, sulla capacità di decidere, sull'imprenditorialità, sul futuro. E sui giovani, come motore del Paese e spinta a quel rinnovamento di cui il Paese ha bisogno.

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