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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:54.

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È l'industria del cinema, bellezza! Dopo aver rischiato la scomparsa negli anni Novanta, a partire dallo scorso decennio la produzione nazionale ha trovato di nuovo il suo pubblico. Nel 2013 la sua quota all'interno del mercato sala è pari al 31% delle presenze, coproduzioni incluse. Non è un caso, forse, che questo processo di riconquista del proprio mercato sia coinciso con la progressiva riduzione del finanziamento diretto dello Stato (segnato da un intreccio di interessi personali e clientelari ma anche dall'affermazione di nuovi soggetti) e la progressiva affermazione di altre risorse, dagli incentivi fiscali ai fondi regionali sino al product placement.

È un'industria che deve confrontarsi con una rivoluzione nelle modalità di diffusione e consumo degli audiovisivi, ricca di pericoli (la pirateria come costume nazionale, come normalità) ma anche di potenziali opportunità. Quella italiana, da sempre, ha dovuto convivere con un sistema televisivo oligopolista e conservatore.

La politica, recentemente, ha smesso di considerare il settore come assistito e privilegiato: «La stabilizzazione del tax credit - spiega Angelo Barbagallo, presidente dei produttori - fatta dal ministro Bray, e la sua apertura dal cinema all'audiovisivo è stata una cosa giusta e moderna. Soprattutto oggi c'è un pubblico che ha voglia di vedere il cinema italiano». I produttori sono preoccupati dai rischi di disinvestimento da parte delle reti televisive: «Il decreto sulle quote di programmazione e d'investimento delle reti tv nel cinema - continua Barbagallo - va attuato. La Rai assolve i suoi obblighi. Il forte ridimensionamento di Medusa da parte di Mediaset però ha provocato un terremoto nel mercato. È rimasta solo la Rai sul mercato e 01 distribuisce solo un certo tipo di prodotto».

Su quest o .aspetto i distributori indipendenti hanno un punto di vista diverso: «L'assurda guerra tra 01 e Medusa finalmente è finita - commenta Andrea Occhipinti della Lucky Red, presidente dei distributori. I prezzi dei film sono scesi del 50% rispetto all'inflazione causata da quella guerra. Si creano così molti spazi per accedere ai film da parte degli indipendenti. La digitalizzazione delle sale dà poi l'opportunità di puntare su contenuti alternativi e soprattutto su eventi anche di derivazione televisiva (come Warner che ha portato Peppa Pig nelle sale, ndr)».

I dati: il 2013 è condizionato dal successo di Sole a catinelle, quasi 52 milioni di incasso e otto milioni di presenze (l'8% di quelle totali). La discesa del prezzo medio del biglietto è dovuta alla minor incidenza dei film in 3D, il cui prezzo è maggiorato. Le presenze sono comunque aumentate del 6,5% annuo mentre ha funzionato l'anticipo al giovedì sera delle uscite dei nuovi film.

I problemi restano la pirateria e il rapporto con le altre piattaforme distributive, tv in testa. «Le finestre di uscita dei film vanno ridiscusse - aggiunge Barbagallo. Dopo l'Oscar non si può che essere ottimisti ma resta un problema di accesso al mercato per certe produzioni. Servono più regole ma senza proibizionismo». Proprio sul film di Sorrentino, Lionello Cerri, presidente dell'Anec, l'associazione degli esercenti, commenta: «La grande bellezza sta per uscire in televisione (Canale 5, ndr) contravvenendo alla consuetudine, ma continueremo a sostenere questo stupendo film al cinema».

Occhipinti sottolinea: «Ormai per i film restano la sala e la pay tv, che vanno tutelate a fronte di una pirateria dilagante. L'home-video è scomparso. L'offerta legale sul w .eb è una strada in salita in tempi in cui si spende poco per l'intrattenimento. Piuttosto: vi è una distanza tra ciò che si compra all'estero, penso ad esempio alla serialità televisiva, e ciò che si produce in Italia. C'è un atteggiamento conservatore in chi determina le nostre produzioni. Certe tematiche, che piacciono al pubblico, si accettano solo se vengono dall'estero».

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