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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2014 alle ore 06:41.

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Vantaggi e svantaggi dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia




Gentile Galimberti,
leggo che la Ue ha contestato il decreto del Governo che ha rivalutato le quote di Banca d'Italia facendo un regalo alle banche. Avevano ragione i 5Stelle a opporsi al decreto. Quando protestavano erano trattati da incolti, ma ora emerge che erano nel giusto. Non so se mi risponderà, dato che non mi sembra abbiate molta simpatia per il movimento 5Stelle.
Sebino Radici
Caro Radici,
vorrei prima di tutto precisare che la Ue non ha "contestato". Ha solo chiesto chiarimenti. Sulla base dei chiarimenti che riceverà deciderà se contestare o meno. Ma l'importante è fare chiarezza sul merito. Le banche, prima della rivalutazione delle quote, avevano dei bilanci non realistici, dato che le quote di Banca d'Italia in loro possesso erano valutate in modo non omogeneo e a livelli più bassi di quanto ragionevole. Il Governo ha allora cercato di prendere tre piccioni con una fava. Da una parte, restituire verità ai bilanci delle banche portando la valutazione delle quote ai livelli decisi da una commissione indipendente; dall'altra, guadagnare un po' di soldi a favore del bilancio dello Stato, dato che le banche dovranno pagare imposte sulle plusvalenze da rivalutazione; dall'altra ancora, favorire i prestiti delle banche all'economia reale, dato che l'aumento del patrimonio delle banche renderà più agevole - vedi le regole di Basilea - estendere prestiti a imprese e privati.
Le banche hanno quindi due vantaggi e uno svantaggio. Il primo vantaggio sta nel rafforzamento del patrimonio. Il secondo vantaggio sta nel fatto che, di conserva all'aumento del valore delle quote, aumenteranno i dividendi pagati ogni anno dalla Banca d'Italia (si può stimare un aumento, rispetto a quanto riscuotevano prima, di circa 350 milioni di euro l'anno - e di tanto, sia detto per inciso, verranno a diminuire i pingui utili che ogni anno la Banca d'Italia versa al bilancio dello Stato). Lo svantaggio sta nel fatto che dovranno pagare un'una tantum di circa 900 milioni di euro sulle plusvalenze. Non sembra che si possa configurare un "aiuto di Stato" alle banche, dato che si tratta di correggere delle valutazioni non realistiche e, come si è detto sopra, restituire verità ai bilanci bancari. Né le banche straniere hanno di che lagnarsi perché la regola secondo la quale le valutazioni dell'attivo devono essere congrue è una regola che vale per tutti.
Là dove ci può essere un margine di dissenso è nella valutazione delle quote. Proprio per fare un'operazione trasparente questa valutazione era stata affidata, come detto sopra, a una commissione di tre professori (due italiani e il terzo greco: Lucas Papademos, ex vicepresidente della Bce). Questa valutazione può essere discussa: come la bellezza, il valore delle quote di una Banca centrale è nell'occhio di chi guarda, e su queste colonne, il 20 dicembre scorso, Luigi Zingales ha espresso una diversa (minore) valutazione. Ma in ogni caso non è giustificato qualificare questa operazione come un "regalo" alle banche, specie quando queste sono penalizzate in Italia rispetto ad altri importanti aspetti, come il trattamento fiscale degli accantonamenti per crediti in sofferenza (più severo rispetto a quanto avviene in Francia o in Germania).
fabrizio@bigpond.net.au

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