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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:58.

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«Ha ancora senso opporre il pubblico e il privato nel welfare?». No, «non ha più senso», alla luce soprattutto dell'analisi "micro" dei costi di produzione e delle performance: la prospettiva migliore, tenendo conto di efficacia, efficienza e qualità dei servizi, è quella di «una loro complementarietà», perché la sussidiariartà «è un reale e potente alleato dello Stato». Anzi, nel delicato campo dei servizi alla persona, in tempi di ineludibile spending review, confermando come valore imprescindibile un welfare di qualità per tutti, «è fondamentale togliere terreno a eventuali inefficienze e a posizioni di rendita che queste alimentano».

A sgombrare il campo da qualsiasi alibi alle facili, ma solo ideologiche e controproducenti, contrapposizioni tra pubblico e privato sociale è l'interessante – e ricco di numeri e confronti – Rapporto annuale (l'ottavo, e verrà presentato giovedì 13 a Roma) proposto dalla Fondazione per la sussidiarietà sul tema "Sussidiarietà e... qualità nei servizi sociali".

Lo studio offre - con il suggello scientifico del Politecnico di Milano - un «contributo innovativo» a livello metodologico, rendendo così paragonabili dati di costo e di prestazione delle attività per 13 organizzazioni pubbliche e non profit, selezionate in base all'omogeneità territoriale e all'eccellenza del servizio in cinque ambiti di welfare diversi: housing universitario, asili nido, cura degli anziani, riabilitazione e housing sociale. Un campione statisticamente ridotto, certo, ma il metodo di raccolta e analisi dei dati (il cui acronimo è Abc, Activity based costing) è replicabile su ampia scala e può offrire a decisori e gestori uno strumento utile per operare scelte più oculate e migliorare efficacia ed efficienza delle prestazioni.

Partendo dai costi riportati nei conti economici delle organizzazioni, l'Abc individua il "costo pieno", ottenuto come somma dei costi diretti (relativi all'erogazione del servizio) e indiretti (amministrazione, strutture e utenze), comprensivo di tutte le risorse assorbite nel processo di erogazione del servizio, grazie al quale è possibile individuare le attività che sono causa di inefficienza. E già qui emerge un comun denominatore: in tre su quattro dei casi in cui il confronto è significativo, è emerso che gli aggravi di costo si riferiscono non alle attività core, bensì a quelle "generali", cioè non direttamente legate all'erogazione del servizio.

I costi generali pesano di più (31%) sul costo unitario nel pubblico rispetto alle realtà non profit (28%), più propense a concentrare le risorse sulle attività core.
Seconda evidenza: a parità di qualità percepita dagli utenti delle strutture pubbliche e non profit esaminate, il privato costa meno e risulta più efficiente. Nel campione esaminato - si legge nel Rapporto - i costi unitari delle organizzazioni non profit risultano in media inferiori del 23% (tra il 17% nell'housing universitario e il 41% negli asili nido) rispetto a quelli delle organizzazioni pubbliche. Ma questi "risparmi" non vanno a detrimento della qualità delle prestazioni garantite. La soddisfazione degli utenti, infatti, risulta in media superiore per il privato sociale: in una scala da 1 a 10, il non profit raccoglie 8,25 e il pubblico 7,66.

«I risultati del Rapporto - scrivono nell'introduzione Paola Garrone, professore ordinario di Economia dei servizi e delle reti del Politecnico di Milano, e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà - parlano a favore di una configurazione mista del sistema dei servizi sociali. Le sfide che in misura crescente provengono dal mondo del welfare possono trovare risposta in un articolato percorso di rinnovamento del settore, che permetta agli enti statali e municipali di qualificarsi come "imprese sociali pubbliche" e realizzi un'effettiva parità tra soggetti di proprietà statale e realtà non profit nell'offerta di servizi pubblici tanto importanti». Insomma, il moloch della contrapposizione è superabile, con un piccolo sforzo di conoscenza, e la chiave di volta è proprio la sussidiarietà, che mette al centro il valore di ogni persona e il ruolo delle iniziative "dal basso".

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