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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2014 alle ore 06:40.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:16.

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Non sono le regioni ucraine abitate da una maggioranza relativa di russi; non è la Transnistria, una specie di Ruritania da operetta: un piccolo principato in mezzo all'Europa al confine con la Moldova, ma russo e comunista. Se Obama, un presidente in carica al quale è stato già attribuito un Nobel per la pace, mette di mezzo gli uomini, le divisioni corazzate e gli arsenali Nato, la ragione è altra, più importante, forse più pericolosa.

Affinché Putin non prenda i tentennamenti euro-americani sulla Crimea per una specie di debolezza della quale approfittare, il presidente americano mette le cose in chiaro. Diversamente dal Patto di Varsavia, scomparso con l'Urss, l'Alleanza atlantica è un fronte vivo e vegeto: per quanto solo tre dei 28 soci - Gran Bretagna, Grecia, Estonia - spendano più del 2% minimo richiesto per la Difesa. In qualche modo, anche alzando la voce, Obama offre implicitamente una via d'uscita a Putin: le forze Nato non saranno mai dispiegate in Crimea. La penisola è persa, posto che Usa e Ue avessero mai pensato il contrario. Guai, tuttavia, se la Russia pensasse di usare la forza contro un Paese dell'Alleanza. L'articolo 5, che impone tutti i Paesi della Nato a intervenire in aiuto di un alleato attaccato, non è stato smobilitato con la Guerra fredda. L'ultima volta fu invocato l'11 settembre, quando si volle dare agli Stati Uniti una prova di vicinanza e solidarietà nel loro momento più cupo da Pearl Harbour.

Perché questo ammonimento così forte? Ucraina e Transnistria non sono nell'Alleanza. Ma Estonia e Lettonia sì: sono due membri passati alla Nato dopo la caduta dell'Unione Sovietica. Il 25% della popolazione estone e il 27 della Lettonia sono russi che da tempo invocano l'intervento di Mosca in difesa dei loro diritti e interessi. I russi di quelle due repubbliche baltiche sono una percentuale di gran lunga maggiore di quelli in Ucraina, Crimea compresa. Dopo tutto per il 18% di russi ucraini Putin ha messo in gioco se stesso, le frontiere e la stabilità di un continente. C'è tuttavia una seconda, forse più preoccupante questione cui dare una risposta: per quale motivo Obama ha di nuovo alzato il tono dello scontro con la Russia, così esplicitamente messo in gioco la Nato e sollevato le suscettibilità russe, ora che -sembra - Putin aveva finalmente abbassando i toni, lasciando credere di accontentarsi della Crimea? Forse perché il presidente sa qualcosa che ancora non conosciamo. Per esempio che le ambizioni territoriali di Putin non si fermano alla Crimea ma sono vaste quanto, una volta i confini dell'Unione Sovietica.

Forse è solo una coincidenza ma un paio di giorni fa Vladimir Zhirinovsky aveva proposto alla Polonia una spartizione dell'Ucraina con la Russia. A questo sarebbero seguite altre modifiche territoriali per soddisfare il tentativo di restaurazione imperiale moscovita. È come usavano fare una volta Stalin e Hitler. Zhirinovsky è un politico ultra-nazionalista, violento e a volte ubriaco. Probabilmente non conta nulla: con quella uscita ha voluto solo fare il servo più realista del re. Ma corrono tempi difficili, oggi in Europa. Meglio essere chiari con Vladimir Vladimirovich Putin, per quanto Silvio Berlusconi la pensi diversamente.

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