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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2014 alle ore 08:44.
L'ultima modifica è del 08 aprile 2014 alle ore 08:58.

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Abbiamo in teoria, e in pratica purtroppo, vari motivi per essere depressi; sono interni al Paese. Ma ne abbiamo altri esaltanti, sono quelli che portano il mercato interno in costante dialogo con il mondo internazionale. Sono quelli legati alle quattro F del mercato globale nel quale siamo tuttora competenti e competitori: Food, Fashion, Furniture, Ferrari. Due delle F sono in mostra in questi giorni, Vinitaly a Verona e il Salone del Mobile a Milano.

Col vino abbiamo fatto progressi formidabili in vent'anni e siamo diventati protagonisti mondiali; recuperati i vitigni storici, resi comprensibili quelli moderni, siamo ormai riferimento imprescindibile perché il cibo italiano vince le scommesse in tavola e il vino italiano ne è il naturale parallelo. In realtà il vino, dopo le sciagure di trent'anni fa, ha imparato il progetto, sia quello del prodotto che quello del marchio, dal design.
Oggi intuisce il mercato, lo stimola e lo solletica. La grande invenzione che cambiò già negli anni 70 del secolo scorso la percezione dell'Italia a seguito delle sfilate fiorentine della moda nell'immediato dopoguerra, fu infatti quella del design. Le aziende produttive appartenevano allora a un tessuto di poco superiore a quello artigianale ma il connubio con la progettazione architettonica ebbe la fortuna di generare un meccanismo positivo che fece rete e portò alla genesi industriale del sistema. Oggi il Salone del Mobile di Milano è la manifestazione mondiale più importante del settore e non ha praticamente concorrenti. Per giunta ha sposato una metodologia particolarmente trasversale che lo rende ben più "democratico" del sistema "elitario" delle sfilate, alle quali in più di tanti non si può tecnicamente partecipare. Cresce sempre di più la quantità di epifenomeni rispetto al salone fieristico vero e proprio. I negozi sono aperti e in agitazione, tutto il quartiere di via Solari diventa uno spazio supplementare e allegramente anarchico come lo è la zona di Lambrate, la Fabbrica del Vapore e addirittura l'Università Statale in via Festa del Perdono dove Interni organizza uno show che può fare invidia alla Biennale di Architettura di Venezia. Risultato: 400mila presenze in una settimana e un pubblico assolutamente globale dall'Europa alla Cina e al Giappone. Un esempio utile e rassicurante per ciò che sarà l'Expo del 2015. Milano ha talvolta i muscoli per fare bella figura e dimostra, quando il progetto è forte, una bella capacità di attrazione mondiale.

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