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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 09:10.
L'ultima modifica è del 10 maggio 2014 alle ore 09:40.

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Sono 80 le deroghe al codice appalti per i cantieri Expo. Ancora una volta, quando l'Italia assume impegni inderogabili di fronte al mondo, deve mettere da parte le norme ordinarie che non consentirebbero di finire un'opera in tempi certi: quello degli appalti è un gioco al rinvio, fatto di incertezze più che di punti fermi. I tempi medi di un'opera non sono inferiori a 4-5 anni e non di rado sfiorano i 10.

Tutti i dati, pubblici e privati, lo confermano. Le regole (e prassi) ordinarie italiane sono lontane da quelle Ue per ridondanza di procedure, eccesso di contenzioso, frammentazione delle stazioni appaltanti. Ha ragione il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a dire che la via maestra per battere la corruzione è nelle regole Ue.

Governo e Parlamento non possono perdere l'occasione del recepimento della direttiva Ue 2014/24 appena approvata per varare in tempi rapidi una radicale riforma delle nostre regole ordinarie. Non un singolo appalto, ma tutti gli appalti vanno accelerati e resi trasparenti. Occorre semplificare, definire in modo chiaro il perimetro delle responsabilità pubbliche, ridurre le stazioni appaltanti, estendere l'uso dei costi standard, ridurre il contenzioso, passare alle gare online, prevedere più partecipazione del territorio con il dèbat public ma al tempo stesso considerare definitivo un parere espresso. Qualcosa il governo Renzi ha cominciato a fare, ma tutto va messo a regime con un disegno organico che superi una fase che negli ultimi tre anni ha visto oltre cento modifiche al codice degli appalti. Solo con una riforma organica il sistema degli appalti, moribondo, potrà rilanciarsi sposando l'interesse generale di infrastrutture realizzate in tempi e costi certi. Le nuove tecnologie di controllo costi e project management - in Gran Bretagna obbligatorie dal 2015 - vanno in questo senso.

Per altro, le deroghe per Expo sono una condizione necessaria ma non sufficiente per la realizzazione dei lavori e i ritardi sulle infrastrutture lo confermano. Ancora oggi si rischia seriamente di arrivare tardi.

Le deroghe concentrano i poteri nelle mani dei manager delle stazioni appaltanti. Ma non sono responsabili direttamente né del successo (o dell'insuccesso) dell'operazione quanto a tempi di realizzazione, né di distorsioni che possono avvenire nell'affidamento dei lavori. Anche il fatto che metà dei 959 milioni di lavori finora banditi da Expo 2015 spa - dati dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici - abbia previsto procedure negoziate (la vecchia trattativa privata) penalizza la concorrenza ma non necessariamente deve portare corruzione e truffe. La responsabilità penale è personale e - anche nelle inchieste di questi giorni - attiene a comportamenti messi in atto da singoli.

Le deroghe per fare presto non sono licenza di uccidere, non sono "tana libera tutti", ma vanno interpretate con senso di responsabilità. Bisogna scegliere al meglio per fare bene, nel rispetto della legalità e bisogna portare a termine i lavori nei tempi previsti: queste sono le responsabilità che non si possono eludere.

Conforta che il segno più bello sul territorio di questa Expo sarà il Padiglione italiano disegnato da Nemesi, Proger e Bms Progetti: pur nei tempi rapidi, è stato selezionato con la procedura più trasparente e più qualificante che ci sia, il concorso di architettura. Una vittoria per l'Italia contro il malaffare.

@giorgiosantilli

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