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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2014 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 26 maggio 2014 alle ore 10:29.

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(Ansa)(Ansa)

Un'altra campagna è da questa mattina sui tavoli del Presidente del Consiglio Matteo Renzi (la sua una vittoria storica), della politica italiana e dei mercati. Passata quella elettorale, tra urla e promesse di stampo novecentesco, se ne apre una nuova, che ci auguriamo molto diversa. Quella per riportare l'Italia, in un'Europa che comincia a rifare i conti con se stessa, su un sentiero stabile di crescita e di cambiamento, le due parole più invocate da anni ma intorno alle quali la classe dirigente, e non solo politica, ha girato a vuoto per troppo tempo.

Stando alle indicazioni del voto europeo, tutto fa pensare che siamo di fronte a un tornante decisivo della storia continentale che a sua volta ne contiene, a livello nazionale, molte altre, tra cui quella di un Pd che registra un'impennata record. Ma l'avanzata euroscettica è un dato di fatto, anche se non costituisce un fronte politico unico. L'Italia, che è un Paese fondatore dell'Europa, è in controtendenza e tra un mese guiderà anche il semestre europeo: senza coltivare miracolismi illusori, un'occasione e una responsabilità in più.

Va detto con chiarezza che la sfida per la crescita e il cambiamento in Italia e per un'Europa che sia vissuta dai cittadini non come un impaccio che sottrae sovranità e risorse ma come leva per accrescere lo sviluppo, non ha alternative. Tuttavia va anche rilevato che i risultati del voto, che pure promuovono in pieno la spinta riformista di Renzi, indicano una strada difficile.

Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle segnano un deciso arretramento, ma questo scivolone non significa una liquidazione e in generale l'avanzata delle formazioni eurocritiche in Europa non può essere derubricata ad incidente di percorso. No.

Se davvero si punta alla crescita e al cambiamento, un'analisi realistica dei limiti istituzionali di questa costruzione europea (e monetaria: non è forse maturo, a tutela del sistema euro, che la Bce possa funzionare da prestatore di ultima istanza per gli stati membri a fronte di eventi eccezionali?) è una pre-condizione irrinunciabile. Cui deve far seguito, a Bruxelles e nelle altre capitali europee, una capacità propositiva politica per tessere le alleanze necessarie per cambiare rotta. Francia e Spagna sarebbero sulla carta gli alleati naturali per sollecitare la Germania ad affrontare il tema del riequilibrio competitivo all'interno dell'Europa. Ma è evidente che il voto di ieri e lo shock francese rimescolano le carte. In ogni caso, ad esempio, l'Italia non può permettersi, anche nell'interesse dell'Europa, che non venga affrontato e risolto il nodo della politica comune sull'immigrazione. Così come il Paese che si presenta sui mercati del mondo con tanti marchi di altissima qualità, ha il dovere di essere protagonista al tavolo del Trattato sul libero scambio che l'Ue sta negoziando (su regole e standard) con gli Stati Uniti.
Per il premier Renzi - che col Pd registra un successo senza precedenti, sia in Italia che in Europa - e il suo governo la partita, per molti aspetti, comincia solo ora. Da questa mattina la battaglia per gli 80 euro in busta paga è alle spalle. Riparte invece il confronto con i mercati e sui mercati e s'avvicina (2 giugno) il nuovo appuntamento con la Commissione europea. La ripresa s'intravvede, ma rimane una prospettiva fragile e a bassa intensità. C'è da riaccendere il motore delle riforme istituzionali, sbloccare fino in fondo i pagamenti della Pa, dare una scossa vera (non tipo quella che annuncia che pagheremo le tasse con un sms) nei campi del fisco e delle infrastrutture senza al contempo scardinare i conti pubblici. Dopo un grande successo personale, una grande prova di credibilità operativa: di questo c'è bisogno.
guido.gentili@ilsole24ore.com
@guidogentili1

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