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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 02 giugno 2014 alle ore 08:19.

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Negli ultimi anni, ogniqualvolta la Commissione europea pubblicava nuove raccomandazioni-paese, l'Italia era sul banco degli imputati, vicina al tracollo. I suggerimenti comunitari erano considerati una invasione nella politica nazionale, il tentativo estremo di commissariare il paese.
Quest'anno lo scenario è cambiato, almeno in parte, agli occhi di Bruxelles.

La situazione economica rimane precaria, quella politica invece fa sperare in maggiore stabilità.
Negli ultimi tempi, a preoccupare le autorità comunitarie era soprattutto l'instabilità politica dell'Italia. Dal 2011 a oggi, vale a dire in meno di tre anni, il paese ha avuto quattro governi, guidati volta per volta da Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e oggi da Matteo Renzi. Il risultato delle ultime elezioni europee, con la netta vittoria del Partito democratico e il ridimensionamento del Movimento 5 Stelle, fa sperare in una politica italiana più prevedibile.
La vittoria del Pd, il partito di Renzi, «riflette un sostegno popolare per il nuovo primo ministro e le sue politiche», commentavano qualche giorno fa gli economisti di Barclays Capital. «In modo da utilizzare il capitale politico guadagnato, il governo dovrebbe rimanere impegnato ad adottare riforme strutturali». Morgan Stanley è dello stesso avviso: «La posizione rafforzata di Renzi potrebbe certo portare a una adozione più concreta e a migliorare la formulazione delle sue politiche economiche».

Questo aspetto non è banale. Non può non influenzare le raccomandazioni-paese che la Commissione europea presenterà oggi dopo un lungo lavoro preparatorio. Quanto più la politica italiana si rivelerà stabile, tanto più l'esecutivo comunitario potrà mostrare flessibilità e comprensione nel chiedere riforme, purché naturalmente il governo Renzi approvi e adotti le misure economiche che ha promesso. Rispetto allo stallo degli anni scorsi, la politica italiana qui a Bruxelles appare più costruttiva.
Ciò non significa che sull'Italia non continuino ad aleggiare dubbi sull'affidabilità del paese. Nessuno qui a Bruxelles pensa che la classe politica nazionale abbia perso improvvisamente l'abitudine alla litigiosità. Peraltro, il voto europeo non ha corretto la frammentazione dell'attuale parlamento italiano. Sul fronte delle riforme politiche, poi, la situazione è ancora incerta. La modifica della legge elettorale e l'abolizione del bicameralismo perfetto non sono ancora andate in porto.

La situazione situazione economica rimane difficilissima. La disoccupazione giovanile è elevata, la domanda interna fragile, il debito pubblico insostenibile. La Commissione continuerà quindi a pungolare l'Italia al fianco perché modernizzi il proprio tessuto economico, ma il contesto è chiaramente cambiato. Se in passato l'instabilità politica induceva le autorità comunitarie a essere invasivi, oggi maggiore stabilità politica offre al paese margini di libertà in più.

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