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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2014 alle ore 08:47.
L'ultima modifica è del 26 giugno 2014 alle ore 09:14.

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È durata cinquanta giorni la battaglia di Ciro Esposito, tifoso del Napoli gravemente ferito a seguito degli scontri avvenuti a Roma prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. «Deceduto per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali», come recita un comunicato dell'ospedale Gemelli di Roma, dove Esposito era ricoverato.

Un pomeriggio di pura follia, quello del 3 maggio scorso, nel quale il calcio italiano ha dovuto per l'ennesima volta assistere impotente a scene di guerriglia urbana fra tifosi. Stando alla ricostruzione della Procura di Roma, i colpi di arma da fuoco che hanno ferito Esposito sarebbero partiti dalla pistola Benelli di Daniele De Santis, ex ultrà della Roma noto per la propria militanza negli ambienti dell'estrema destra capitolina.
Il Comune di Napoli ha proclamato il lutto cittadino. «È una vicenda triste e drammatica, Napoli è rimasta profondamente colpita», ha detto il sindaco De Magistris che non esclude la possibilità che il Comune di Napoli si costituisca parte civile al processo. I funerali si svolgeranno a Napoli tra venerdì e sabato, ma la Procura di Roma non potrà restituire la salma alla famiglia prima di un paio di giorni, in quanto dovrà essere svolta l'autopsia sul corpo del giovane per ricostruire le modalità del ferimento e gli effetti del colpo di arma da fuoco. Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha puntando il dito sulle tifoserie violente, proponendo sanzioni a vita per chi si macchia di reati di questo genere negli stadi. Il ministro ha precisato che «è allo studio, e verrà proposta con l'inizio del prossimo campionato, l'introduzione del Daspo a vita per i teppisti».

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