House Ad
House Ad
 

Cultura-Domenica Archivio

L'ultima spiaggia di Caravaggio

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2010 alle ore 14:24.

Il San Giovanni Battista conservato nella Galleria Borghese è uno dei tre dipinti che Caravaggio portò con sé nella feluca che avrebbe dovuto ricondurlo a Roma da Napoli, ultima tappa di una dolorosa peregrinazione seguita alla sua condanna a morte per l'omicidio di Ranuccio Tomassoni, avvenuto il 28 maggio 1606. L'artista era stato, infatti, costretto ad abbandonare la città papale e a intraprendere – in un crescendo di disperazione e paura, che alterò fortemente la sua mente – un desolante vagabondaggio che lo vide esule dapprima a Napoli, poi a Malta, infine in Sicilia, e ancora per un brevissimo periodo a Napoli.

Durante il secondo soggiorno napoletano, datato tra il 20 ottobre 1609 e il 18 luglio 1610, il pittore fu ospite della marchesa Costanza Colonna, sua antica protettrice, nel palazzo di Chiaia; da lì aveva provveduto a far recapitare al papa una richiesta di grazia, auspicando forse di veder scontata la pena durante i tre lunghi anni di esilio e prospettando di poter finalmente far ritorno a Roma. Intanto la sua produzione artistica era proseguita febbrilmente: nei dipinti realizzati nella città partenopea nell'arco di poco meno di un anno, Caravaggio rimarcava in maniera esacerbata le caratteristiche peculiari del suo stile, in particolare accentuando i toni aspri e violenti del chiaroscuro e riducendo la narrazione ai soli elementi essenziali.

Credendosi prossimo a realizzare il desiderio di far ritorno nella città papale, nell'estate del 1610 il pittore s'era imbarcato su una feluca diretta verso lo Stato pontificio, portando con sé il salvacondotto del cardinale Ferdinando Gonzaga e alcuni quadri per il cardinale Borghese, nipote di papa Paolo V, in segno di gratitudine per la concessione della grazia: tre tele raffiguranti due San Giovanni Battista (uno è il nostro dipinto, l'altro è sfuggito all'identificazione) e una Maddalena, da alcuni riconosciuta nella cosiddetta «Maddalena Klain». Al momento di giungere a Palo, fra Civitavecchia e la foce del Tevere, intorno al 10 o 11 luglio, la feluca viene fermata e Caravaggio trattenuto per accertamenti dal capitano della fortezza, perché il suo nome figurava tra i ricercati. È possibile che l'artista abbia dovuto sborsare una grossa somma di denaro per riacquistare la propria libertà, ritrovandosi tuttavia in un posto di frontiera desolato e malsano.

L’articolo continua sotto

Sul chiuder della vita

«Misesi in una feluca con alcune poche robe, per venirsene a Roma, tornando sotto la parola del

I suoi tormenti, che passione!

Una mole di documenti cresciuta in molti anni di ricerche riguarda non soltanto l'attività come

La ricetta: qualità e gratuità

La facilità di accesso a bene culturale di qualità, se possibile in forma gratuita e aperto a ogni

Tags Correlati: Caserta | Cultura | Deodato Gentile | Ferdinando Gonzaga | Howard Hibbard | Michelangelo Marisi | Napoli | Palo | Porto Ercole | Ranuccio Tomassoni | Roma | San Giovannino | Scipione Borghese | Sovrano Militare Ordine di Malta | Stato Pontificio | Vincenzo Carafa

 

A sua insaputa, la nave era ripartita da Palo alla volta di Porto Ercole, con a bordo tutti i suoi averi, compresi i dipinti destinati al cardinale Borghese. Riuscito a raggiungere fortunosamente il porto maremmano, Caravaggio trovò l'ultima fatale sorpresa: l'imbarcazione aveva salpato definitivamente le ancore da Porto Ercole, per far ritorno a Napoli. Stremato e febbricitante, il pittore morì il 18 luglio 1610, probabilmente nell'ospedale della Compagnia della Santa Croce. Il suo decesso è registrato in un promemoria scritto dal cancelliere della Compagnia conservato nei Capitoli della Collegiata di Sant'Erasmo, che riporta: «A li 18 luglio 1609 nel'ospitale di S. Maria Ausiliatrice / morse Michelangelo Marisi da Caravaggio, dipintore / per malattia». L'indicazione dell'anno 1609 (e non 1610) si deve alla cronologia vigente nel Grossetano, che, come nel contado senese, faceva iniziare l'anno l'8 settembre: resta quindi confermata la tradizionale data del 18 luglio 1610, attestata dalle fonti.

I quadri a bordo della feluca rientrarono a Napoli, ove già a poche settimane di distanza dalla morte del loro autore scoppiava una disputa inerente la loro proprietà. Il contenzioso sul San Giovannino Borghese è testimoniato dal carteggio epistolare, datato luglio-agosto 1610, tra Deodato Gentile, vescovo di Caserta e nunzio apostolico a Napoli, e Scipione Borghese, committente dell'opera. Dall'epistolario trapela la concitazione delle vicende seguite alla morte di Caravaggio – allorché protettori e ammiratori dell'artista fecero a gara per entrare in possesso delle sue ultime opere – e che vide contrapposti l'Ordine di Malta, il cardinale Scipione Borghese, il conte di Lemos, viceré di Napoli, e Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio. Le tre tele furono inizialmente consegnate alla marchesa Colonna, ma poi poste sotto sequestro da Vincenzo Carafa, priore di Capua, col pretesto della loro appartenenza all'Ordine dei cavalieri di Malta. Tuttavia, una volta privati i cavalieri del "diritto allo spoglio" e restituiti gli effetti personali dell'artista, venne stabilita l'assegnazione dei quadri ai legittimi proprietari: per la Maddalena fu confermato il legittimo possesso della famiglia Colonna, il San Giovanni Battista giunse nelle mani di Scipione Borghese per il quale era stato eseguito (nella sua collezione risulta infatti registrato già nell'agosto 1611, per poi passare in possesso dello Stato italiano insieme con il resto della raccolta d'arte nel 1902), mentre non rimane traccia del secondo San Giovannino, il quale forse non aveva alcun proprietario, come sembra dimostrare il fatto che esso venne reclamato e poi incamerato dal viceré di Napoli.

Uscita definitivamente di scena la turbolenta e per alcuni tratti problematica personalità di Caravaggio, il possesso del San Giovannino Borghese da parte del cardinale Scipione venne dunque legittimato dalla commissione ricevuta dall'illustre e potentissimo cardinale, una delle figure di maggior rilievo nel campo del mecenatismo d'arte. Più d'uno studioso è concorde con l'opinione espressa da Maurizio Calvesi, secondo il quale la tela col Battista è da mettere in rapporto con il drammatico David con la testa di Golia oggi nella stessa Galleria Borghese, in quanto entrambi eseguiti a Napoli nel 1609-1610 e inviati da Caravaggio al papa Paolo V come richiesta di grazia per l'omicidio del Tomassoni (nel David Caravaggio si autoritrae nelle orripilanti e devastate sembianze di Golia, simbolo del peccato). Degno di nota è inoltre il confronto tra alcuni tratti fisionomici (particolarmente nell'ovale della testa) delle due figure, confronto che ha fatto supporre per il David l'utilizzo dello stesso modello che ha posato per il nostro dipinto. Il San Giovanni volge tuttavia allo spettatore uno sguardo piuttosto malinconico, adagiato sul drappo scarlatto, mentre l'ariete è visto di spalle, mentre bruca le foglie di vite sullo sfondo. Molteplici riferimenti stilistici a opere di poco precedenti o contemporanee confermano la datazione della tela all'ultimo periodo dell'attività di Caravaggio, tra l'ottobre 1609 e il luglio 1610. Risalta l'eccezionale invenzione compositiva del dipinto che ha caratteri di forte sensualità. Il Battista fanciullo è rappresentato disteso, più che seduto, su un ampio drappo rosso che è il suo mantello e che copre una sorta di sedile naturale.

Il giovane poggia il piede sinistro su un tronco tagliato e il rispettivo braccio sulla improvvisata spalliera, ponendovi sopra la mano destra come per aiutarsi a sostenere la lunga canna che regge con la mano sinistra. È quasi interamente nudo, salvo il panno bianco che nasconde l'inguine avvolgendo il fianco sinistro e scendendo sulla coscia destra. Lo sguardo è rivolto a chi guarda. Alla sua destra è rappresentato un ariete, colto nell'atto di brucare dei pampini della vite che si inerpica sulle rocce dello sfondo. Sul limite inferiore del piano visivo sono dipinte due piante di tasso barbasso, simbolo di morte, spesso utilizzate da Caravaggio nei soggetti di arte sacra. In questa come in altre figure di san Giovannino la massiccia figura dell'ariete sostituisce l'agnello, certamente più consueto alla raffigurazione del Battista. L'animale, per il fatto di rosicchiare i pampini di vite, è stato interpretato come simbologia del Divino Amore che si nutre del sacrificio di Cristo, oppure – come ha sottolineato più puntualmente Calvesi, che ne rileva le analogie con il San Giovanni Battista della Pinacoteca Capitolina – come allegoria della Croce della Redenzione, mentre le foglie di vite indicherebbero la Vita Eterna.

Secondo una diversa lettura, l'ariete – che rappresenta il Divino Amore – si nutre della vite, simbolo del sacrificio di Cristo. Contro l'opinione degli altri si delinea invece il parere di Howard Hibbard, il quale, sottolineando proprio il "calo di tensione" e la più accentuata inflessione malinconica rispetto ad altri dipinti, interpreta il soggetto come semplice pretesto formale sfruttato dall'artista per dar prova d'abilità nella raffigurazione del nudo virile. Dall'analisi delle indagini radiografiche condotte sul dipinto emerge come il fondo sia stato lasciato abbozzato, quasi allo stato preparatorio. Incisioni sono presenti nell'omero e nell'avambraccio sinistri e nei bordi del braccio destro, mentre si notano alcune "correzioni": la curva dei capelli è stata ridotta, come anche le ultime tre dita del piede destro; il viso, il polpaccio, il fianco, la spalla e il petto destri sono stati ampliati. Il ciuffo di capelli sulla fronte e il perizoma sono stati eseguiti con la consueta sovrapposizione di strati pittorici che è tipica – quasi una firma – del modus operandi di Caravaggio.

Shopping24

Da non perdere

L'esempio di Baffi e Sarcinelli in tempi «amari»

«Caro direttore, ho letto (casualmente di fila) i suoi ultimi tre memorandum domenicali. Da

L'Europa federale conviene a tutti

Ho partecipato la scorsa settimana a Parigi a un incontro italo francese, dedicato al futuro

Non si può privatizzare la certezza del diritto

In questa stagione elettorale, insieme ad un notevole degrado, non solo lessicale, ma anche di

Le sette criticità per l'economia Usa

Quale futuro si prospetta per l'economia degli Stati Uniti e per quella globale, inevitabilmente

Sull'Ilva non c'è più tempo da perdere

La tensione intorno al caso dell'Ilva non si placa. Anzi, ogni giorno che passa – nonostante i

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da