Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2010 alle ore 17:26.
«Ho saputo che le famiglie delle vittime di Nassirya sono state contattate da persone vicine al Ministero della Difesa che hanno chiesto loro di protestare ufficialmente in modo da bloccare l'uscita del mio film» Aureliano Amadei lancia la sua bomba, questa almeno soltanto mediatica, al Lido di Venezia, nel corso della promozione del film 20 sigarette da lui sceneggiato e diretto, basandosi sull'omonimo resoconto in forma di romanzo della sua esperienza di unico sopravvissuto su 20 italiani alla bomba, ahimé molto reale, esplosa presso la nostra base in Iraq nel 2003.
«Le famiglie dei soldati morti mi dicono di aver risposto che prima vedranno il film e poi giudicheranno. Accetto qualsiasi reazione, purché non nasca da un pregiudizio a priori.
20 sigarette, presentato nella sezione competitiva Controcampo italiano alla Mostra del cinema, è il racconto "in soggettiva" dell'esperienza di Amadei, allora 28enne aiuto regista per un film che doveva essere girato in Iraq da Stefano Rolla, che è qui interpretato da Giorgio Colangeli. È la storia di un tipo «precario nel lavoro e nei sentimenti», che si ritrova da un momento all'altro con «un timpano mancante, una caviglia polverizzata e schegge di granata in tutto il corpo», solo perché era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ed è la storia di un percorso di consapevolezza che gli ha permesso «di riflettere più a fondo su come una tragedia così si sarebbe potuta evitare e su quale fosse la verità dei fatti, al di là dell'onda di retorica e della strumentalizzazione mediatica che hanno seguito gli eventi».
«Su quel set non c'era niente di tecnico, e tutto di emotivo», dice Carolina Crescentini, nel film la compagna di Aureliano, Claudia, «che mi ha permesso con grande generosità di attingere ai suoi ricordi e alla sua esperienza, raccontandomi non solo i fatti ma anche tutti i suoi pensieri». Sia Carolina che Vinicio Marchioni, nonostante la sua reputazione di Freddo televisivo nella miniserie Romanzo criminale, si commuovono alla vista, fra il pubblico della conferenza stampa veneziana, dei genitori di una delle vittime. «Il fatto stesso che le persone che si vedono nel film, con i loro veri nomi e cognomi, non ci sono più ha fatto sì che noi attori sentissimo fortissima la responsabilità di questo progetto», dice. «Anche la troupe al completo ha messo grande passione nel portarlo a termine, stringendosi intorno ad Aureliano».