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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 19:54.
Luca Barbareschi in "Noi credevamo" di Mario Martone, presentato oggi alla 67esima Mostra del cinema di Venezia, ha un ruolo tra i meno nobili. Nel fermento risorgimentale, in cui decine di ragazzi rischiano la vita per unire l'Italia con intenti repubblicani o monarchici a favore di un popolo che non vuole essere unito, perché non ne capisce i vantaggi, lui la vita la offre ma poi la ritira e se la tiene stretta. E' Antonio Gallenga che partecipa ai moti di Parma del 1831, è un repubblicano convinto. Investito da Mazzini del nome di "Procida" si offre di pugnalare Carlo Alberto, ma preso dalla paura rinuncia all'azione.
Barbareschi interpreta il Gallenga adulto. Lo ritroviamo in Inghilterra, monarchico, feroce nemico di Mazzini, giornalista del Times, deputato alla Camera supalpina, da cui poi è stretto a dimettersi per aver confessato il proposito di regicidio.
Barbareschi, da sempre considerato artista "di destra", se queste categorie hanno senso, oggi, da finiano, alla stampa ha fatto dichiarazioni che lo metterebbero in linea con l'abilità trasformista del personaggio interpretato in "Noi credevamo". "Noi crediamo moltissimo a questa Italia - ha detto Barbareschi - solo uno psicotico può pensare che esista un'entità come la Padania". E poi riferendosi all'attualità ha sottolineato: "Questo paese sta cadendo a pezzi. Berlusconi quando ha visto il tg di Mentana ha rovesciato il televisiore", alludendo allo share molto alto fatto dal nuovo telegiornale di La7, diretto da Enrico Mentana. Gallenga anziano in "Noi credevamo" non l'abbiamo visto, ma la storia ci racconta che finisce per sostenere le politiche repressive di Crispi.