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John Carpenter torna al Torino Film Festival con il suo nuovo horror The Ward

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 19:02.

Un horror della vecchia scuola, fatto da un regista della vecchia guardia. Così John Carpenter ha definito «The Ward», la sua ultima fatica presentata in questi giorni al Torino Film Festival. Sono passati nove anni dall'uscita nelle sale della sua pellicola precedente «Fantasmi da Marte», ma in questo periodo lontano dal mondo del cinema il regista americano si è tenuto in allenamento dirigendo due episodi (il notevolissimo «Cigarette Burns» e «Pro-Life») della serie televisiva «Masters of Horror».

All'età di sessantadue anni, Carpenter ha però ancora voglia di mettersi in gioco e di non scendere a compromessi (politica che ha portato avanti fin dall'inizio della sua carriera) pur di realizzare opere inerenti alla propria idea di cinema. E il suo ultimo lavoro lo conferma pienamente. Girato con un budget inferiore ai sei milioni di dollari, «The Ward» è un horror che non usa ricchi effetti speciali per spaventare il pubblico: basta il talento di un regista che conosce perfettamente tutte le regole del genere.

Il film ha per protagonista la giovane Kristen (interpretata da Amber Heard) che, arrestata per aver incendiato una fattoria, si ritrova rinchiusa nel reparto d'isolamento di un ospedale psichiatrico. Insieme a lei ci sono altre quattro ragazze che già conoscono quali terribili presenze albergano all'interno della clinica. Ambientato quasi interamente dentro l'istituto, «The Ward» è un horror claustrofobico che sfrutta gli spazi chiusi e i corridoi stretti per rappresentare al meglio la minaccia dalla quale Kristen cercherà di scappare.

Un soggetto semplice e stereotipato (come si può capire già da queste poche righe) non impedisce al regista di realizzare un film angosciante e divertente, in grado di tenere gli spettatori incollati alle poltrone della sala dal primo all'ultimo minuto (grazie anche all'inquietante partitura musicale di Mark Kilian). Già nel «Il seme della follia» del 1995 (ma non solo) Carpenter aveva riflettuto con grandissimo spessore sulle ombre presenti all'interno della psiche umana e «The Ward» continua il percorso attraverso una caratterizzazione particolarmente interessante delle ragazze protagoniste.

Assolutamente da segnalare anche un ottimo incipit e degli affascinanti titoli di testa che fanno da contraltare a un finale a sorpresa quantomeno discutibile. Presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto, «The Ward» arriva sotto la Mole undici anni dopo l'edizione in cui il Torino Film Festival aveva dedicato a John Carpenter una retrospettiva completa.

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Tags Correlati: Alice Cooper | Amber Heard | Cultura | Iggy Pop | John Carpenter | Mark Kilian | Rob Stefaniuk

 

Questo suo ultimo lavoro è stato inserito all'interno di «Rapporto confidenziale»: sezione focalizzata quest'anno interamente sul cinema horror, che sta rischiando però di deludere le attese dei tanti appassionati del genere.

Fra gli altri titoli della rassegna si può segnalare «Suck», opera seconda dell'attore canadese Rob Stefaniuk. Incentrata attorno a una rock band i cui membri decidono di diventare vampiri,così da ottenere un più ampio successo musicale, «Suck» risulta essere una satira di scarso spessore che può considerarsi riuscita soltanto in parte.
Notevoli le citazioni alla storia del cinema e alla storia della musica (nel cast ci sono Alice Cooper, Moby e Iggy Pop) ma manca una reale verve polemica nei confronti del filone vampiresco-adolescenziale (che grazie alla saga di «Twilight» ha sempre più successo commerciale) che l'avrebbe reso più profondo e meno politically correct.

Ancor peggio ha fatto però l'esordiente scozzese Colm McCarthy con «Outcast», storia stregonesca ambientata a Edimburgo. Quasi impossibile difendere un film (seppur sia un'opera prima) così confuso e mal costruito, da sembrare addirittura vittima di un'improvvisazione narrativa, che pare palesarsi sempre di più (insieme alla noia) col passare dei minuti.

Non può essere una scusa neanche il basso budget della pellicola poiché, come John Carpenter ha dimostrato nel corso di tutta la sua carriera, per realizzare un buon prodotto horror possono bastare un'idea interessante e, ancor più importante, il talento di un regista in grado di trasmettere forti emozioni semplicemente grazie al montaggio e ai movimenti della sua cinepresa.

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