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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2011 alle ore 14:11.
In un sol colpo, con Che bella giornata, Checco Zalone ha battuto Avatar e rottamato il cine-panettone. Il regista è sempre Gennaro Nunziante, con cui aveva firmato Cado dalle nubi, fortunato film d'esordio che, a fine 2009, fece impattare il meteorite-Zalone sui nostri grandi schermi dopo orbite televisive e internettiane. Lì, era un cantante neo-melodico pugliese che cercava il successo, a Milano, tra studi tv e un cugino gay che non ha fatto outing (anzi, "outlet", dice Zalone, che chiama gli omosessuali «i uomini sessuali»). In quest'altro, è un guardiano del Duomo che per amore finisce a contatto con l'Islam integralista. C'è una scena in cui critica, sommessamente, gli amici islamici, per come trattano la donna; poi ordina ruvidamente, alla madre, i caffé. Ce n'è anche per monaci tibetani, ortodossi, mistici cattolici "da ectasy".
Il successo di pubblico e critica del film prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi e Medusa conferma che si può fare un salto di qualità nell'industria dell'intrattenimento. Il film, uscito il 5 gennaio, in 48 ore ha incassato circa 7 milioni di euro. Zalone, neo-terruncello, gode della macro-tendenza egemonica della cultura pugliese e della micro-tendenza che torna a privilegiare comicità tipica (vedi Benvenuti al sud e Aldo, Giovanni e Giacomo, vittoriosi sui cinepanettoni romanofonici, schematici, made in Naples, ambientati in non-luoghi).
Ma non basta. Zalone sembra il capo-comico dell'Italia dell'avanspettacolo politico e sociale, un trattato ambulante di umorismo. Studiatamente ingenuo, volgare e politicamente scorretto, ma non scurrile. Sa trattare indistintamente politica e religione, etnia e sessualità, con la stessa miscela di leggerezza e cattiveria, chiarezza disarmante, arrogante imprevedibilità, simpatica ignoranza (simulata). Abbiamo un Borat che parla italiano? Sì, ma parla pugliese.
Gli tocca, ovviamente, una fenomenologia. Ma prima, è necessaria la noumenologia. Cioè l'analisi di Checco Zalone in sé - che si chiama Luca Medici -, anteriore al Checco Zalone per sé e, soprattutto, per noi. Lo Zalone che, prima di cadere con la sua irresistibile leggerezza, stava sulle nubi, «bianche come la burrata», con le idee di Platone. Filosofo sicuramente non letto, ma molto amato da Zalone che, di Cassano, dice: «È l'idea platonica di Checco Zalone».