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I fratelli Coen aprono il film festival di Berlino. Stasera tocca a Cetto La Qualunque

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2011 alle ore 08:48.

BERLINO - Tra alzatine di spalle, mossette, silenzi interdetti alle domande imbarazzanti di alcuni giornalisti, Joel e Ethan Coen sono stati i grandi mattatori dell'apertura, avvenuta ieri, della 61esima edizione dell'International Film Festival di Berlino. I due registi americani hanno inaugurato il festival con il loro ultimo film Il grinta, fuori concorso, con 10 nomination agli Oscar. In realtà due sono state le facce del battesimo della rassegna tedesca, che si chiude il 20 febbraio. C'é stata quella giocosa del cast dei fratelli Coen, ma anche quella più dolente e impegnata, che riguarda l'assenza del regista iraniano, Jafar Panahi, membro della giuria presieduta da Isabella Rossellini e condannato a sei anni di carcere e all'interdizione per vent'anni alla professione di regista per propaganda antiislamica. La giuria si è presentata ieri alla stampa, lasciando una sedia vuota con il nome di Panahi.

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«Lo aspettiamo», ha detto Rossellini anche di fronte al diniego delle autorità iraniane di lasciarlo partecipare alla berlinale. «Lui è il simbolo della libertà di espressione», hanno aggiunto gli altri membri della giuria. Oggi, 33esimo anniversario della rivoluzione Khomeinista, verrà provocatoriamente proiettato Offside, pellicola con cui Panahi vinse l'Orso d'argento nel 2006.

Intanto l'inaugurazione è avvenuta nella sobrietà tedesca. C'erano sì i tappeti rossi e i vestiti lunghi delle star, ma la passerella è avvenuta velocemente e in orario. Il vero divertimento è stata la conferenza stampa di Il grinta, western basato sulla novella di Charles Portis, ambientata alla fine del 1800, in cui una quattordicenne, (Hailee Steinfeld), decide di assoldare uno sceriffo (Jeff Bridges), per vendicare la morte del padre. I due fratelli registi si sono rimpallati le domande dei giornalisti con risposte che definire laconiche è un eufemismo. Perché proprio adesso un western? «Ci piaceva il libro di Charles Portis». Ma perché avete tirato giù dallo scaffale della libreria proprio ora quel volume? «L'ho letto e poi l'ho riletto. E l'ho letto anche a mio figlio. Perché l'ho fatto ora? Un caso», ha detto Joel con aria dubbiosa.

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Cosa si nasconde dietro al successo di questo film? «Il film è andato molto bene negli Stati Uniti. Forse perché gli americani si sono ritrovati negli ideali primigeni di comunità, lavoro, lotta alle avversità… Non so… Il grande Lebosky è andato meglio in Europa». Cosa si nasconde dietro l'escalation di violenza dei vostri film? «Ti posso garantire che questo film non ha nulla a che fare con la nostra biografia», taglia corto Ethan e la platea scoppia in una risata. Quando una giornalista chiede alla piccola Hailee Steinfeld, candidata all'Oscar come migliore attrice non protagonista, che cosa ha provato a lavorare con attori tutti adulti e tutti maschi è intervenuto Josh Brolin: «Voglio vedere te, avresti pagato per stare con maschi del nostro calibro». E giù altre risate. L'apoteosi dell'ilarità si è raggiunta con i molteplici paragoni tra Jeff Bridges e John Wayne, che per quel ruolo nel 1968 si guadagnò l'Oscar. «John Wayne è John Wayne», ha detto con la voce roca e biascicata del suo personaggio.

Oggi è il turno del thriller finanziario Margin Call, di JC Chandor con cast stellare (Kevin Spacey, Jeremy Irons, Paul Bettany, Demi Moore). E la sera ci sarà il primo zampino italiano nella rassegna: arriva Qualunquemente di Giulio Manfredonia, tradotto col titolo di Whatsoeverly. Il candidato Cetto La Qualunque, impersonato da Antonio Albanese, con le sue promesse elettoral-sessuali verrà, già i giornalisti stranieri lo preannunciano, collegato agli scandali politici, che hanno fatto di Ruby la reginetta delle cronache. Noi siamo soprattutto curiosi di capire come tradurranno "cchiù pilu per tutti".

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