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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 17:23.

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Bruce Chatwin (Corbis)Bruce Chatwin (Corbis)

La precisione, probabilmente, era un limite per Chatwin: il racconto non poteva assoggettarsi al limite di un percorso o di una storia. Dalle sue lettere si comprende che non era solo uno storyteller, un narratore. Era innanzitutto uno storycatcher, un cercatore di storie. La sua vita è segnata da questa ricerca, tanto che è divenuta essa stessa una trama. Nelle lettere, appare come una vocazione. Vorrebbe vivere ovunque vada, subisce il fascino di ogni luogo. Afferma di continuo la compulsione al viaggio. "Perché divento irrequieto dopo un mese in un unico posto, insopportabile dopo due?". "La mia condizione abituale: la strada". "Il cambiamento è la sola cosa per cui valga la pena vivere". La sua stessa malattia la presenta come un fatto esotico. Nelle lettere agli amici dice che potrebbe essere provocata da un fungo inalato nelle caverne popolate di pipistrelli dello Yunnan. Racconta che un indovino gli avrebbe predetto una grave malattia alla soglia della mezza età. Erano modi non solo di esorcizzare il male – Chatwin è ricordato come un terribile ipocondriaco – ma soprattutto di non essere l'ennesimo caso di una nuova sindrome.

Secondo alcuni amici il suo era "un modo di sfuggire a se stesso", di "risolvere il suo più grande problema: dove essere". Per alcuni la sua omosessualità (bisessualità, per la precisione) era l'equivalente psicologico dell'essere "altrove". La definizione più ricordata è di "una bussola senza l'ago". Giudizi influenzati dalla difficoltà di comprendere chi vive in un'altra dimensione. Come ha scritto Paul Theroux all'uscita del libro, Chatwin era sempre se stesso, "originale in tutte le sue cose, nel comportarsi secondo la sua convinzione che la vita è altrove". L'altrove non è indicato da un punto cardinale.

Le lettere di Chatwin sono la mappa di quell'altrove. Descrivono luoghi, modi e culture del viaggio. Un mondo molto meno piatto e più attraversabile di quello attuale, pur con maggiori disagi, molta più lentezza. Scopriamo gli ultimi anni del Gran Tour nella tradizione dei viaggiatori inglesi, tra Italia, Francia e Grecia. L'Europa della Guerra Fredda, tra vicende che sembrano tratte da una spy story di John Le Carré o Graham Greene, in una Vienna da "Terzo Uomo", o nella Praga del 1967, alla vigilia della sua primavera. Dove Chatwin, senza vezzo o ipocrisia, annota la degustazione di un Borgogna anteguerra. E' un mondo, quello che Chatwin attraversa, dove s'incontrano i raffinati ricercatori dell'Ismeo, l'Istituto per il medio ed estremo oriente, cui si devono le prime grandi scoperte archeologiche in Asia Centrale. Ci si scontra con i Mastini della Guerra, i mercenari che nel mezzo del secolo scorso furono le pedine della politica africana. Si battono le acque della Sardegna con gli ultimi corallari di Torre del Greco. Si visita l'America della guerra in Vietnam e la San Francisco della Beat Culture in una noiosa serata letteraria. Si segue il tracciato dell'hippie trail, il viaggio che portava dall'Europa all'Estremo Oriente via Istanbul, Goa e Kathmandu. Anche se Chatwin liquida i figli dei fiori anni ‘60 come vagabondi. "Sono stufo marcio della happy hippie hashish culture" scrive. Per lui, iniziato al viaggio come esperto d'arte di Sotheby, viaggiare non significava lasciarsi andare. Anzi: nelle sue lettere si ritrova il compiacimento degli incontri con la "bella gente", che fosse Graham Greene, Susan Sontag, Nöel Coward, il giovane Salman Rushdie o Jackie O. Tanto più che molti possedevano un cottage, una villa, un castello in qualche parte del mondo. Le scene di mondanità, di Dolce Vita, di dinner party (con trascrizione di menù), tuttavia, non sono fini a se stesse, autocompiaciute. Pur deliziandolo, per Chatwin sono punti di passaggio in qualche percorso. Gli consentono di cogliere gli albori della nouvelle cuisine, dibattere di letteratura, architettura, arte primitiva, passando da Simone Martini ad Alvar Aalto, dai dettagli di uno scudo Maori comprato e venduto, alla critica del grattacielo della Hong Kong and Shanghai Banking Corporation disegnato da Norman Foster in contrasto con i geomanti del Feng Shui.

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