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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2011 alle ore 17:12.

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C'era una volta la civiltà analogica, con i suoi codici e i suoi simboli. Tra questi ultimi, il Sony Walkman: progenitore della musica "portatile" inscatolata ai giorni nostri nei lettori mp3, iPod in testa, aveva conferito alla musica stessa il dono della mobilità, rendendola definitivamente pervasiva, immancabile allegato degli spostamenti individuali.

Il Walkmann
Creato nel 1978 dall'ingegnere Nobutoshi Kihara per soddisfare la richiesta dell'allora amministratore delegato della multinazionale nipponica Akio Morita, che aveva espresso il desiderio di poter ascoltare le beneamate opere liriche durante i viaggi aerei transoceanici, era entrato in produzione di serie nel 1979, diffondendosi come un'epidemia a partire dagli albori degli anni Ottanta e totalizzando nell'arco di tre decenni una quantità di esemplari venduti pari a circa 220 milioni. Ma la digitalizzione del mondo, musicale e non, procedeva frattanto a grandi passi, tant'è vero che il Walkman si è reincarnato in quel formato per accogliere prima i cd (Discman) e quindi i file mp3 (Walkman mp3, appunto), mentre il riproduttore di audiocassette "da passeggio" aveva ormai il destino segnato. Atto che ne ha ufficializzato l'imminente estinzione, l'annuncio dell'ottobre scorso da parte della Sony, intenzionata a cessarne la fabbricazione a partire dal prossimo aprile.

Il Technics
Pressoché in simultanea Panasonic ha notificato l'uscita di produzione del giradischi Technics SL-1200, altra icona tecnologica di fine Novecento spedita repentinamente in soffitta. Una decisione presa sia per moventi strettamente mercantili (testualmente: «il declino della domanda globale registrato nell'ultimo decennio») sia per ragioni tecniche (l'approvvigionamento di alcuni elementi della componentistica). E dire che ancora all'inizio del secolo il milledue, com'è chiamato familiarmente dagli appassionati, viveva una fase di grande prosperità: l'apogeo della dj culture lo aveva reso pari a uno strumento musicale, tanto che in Gran Bretagna tale status venne ratificato nel 2001 dalla National Association of Music Merchandisers (NAMM). Allora, oltremanica, ne venivano smerciati due per ogni chitarra elettrica venduta. Lo usavano i dj della techno, che approfittavano dell'ampio spettro del suo variatore di velocità per sincronizzare i BPM (Beats Per Minute) dei vari brani, e quelli dell'hip hop, i cui virtuosismi a base di scratch e taglia-e-cuci erano possibili grazie alla potenza del suo motore a trazione diretta e alla solidità della base, pesante più di 12 chilogrammi.

Dal rave ai raduni hip hop
Prerogative che lo avevano reso feticcio nei rituali - dai rave ai raduni hip hop - che insidiavano il primato dei concerti rock nelle liturgie delle culture giovanili. Dal 1972, anno in cui Matsushita (divenuta Panasonic nel 2003) aveva cominciato a produrlo, il principe dei giradischi - ribattezzato in modo pittoresco dai pionieri dell'hip hop wheels of steel, «ruote d'acciaio» - è stato diffuso in tre milioni e mezzo di esemplari. E che si tratti di un vero e proprio archetipo è testimoniato dalla sua inclusione fra i reperti esposti al London Science Museum. Ne avranno nostalgia i dj cresciuti facendovi girare sopra i dischi?

Ma se suoni bene il mezzo importa poco
Lo abbiamo chiesto ad Alessio Bertallot, ora conduttore di Rai Tunes su Radio 2. Risposta: «Si gridò all'evento quando le vendite del simbolo della club culture, il Technics 1200, superarono quelle del simbolo del rock, la chitarra elettrica, mentre oggi, ironia della sorte, i Technics diventano obsoleti. Un'ulteriore dimostrazione di come sia fondamentale per la musica solo il metodo che prescinde dagli oggetti e dagli strumenti, e cioè la cultura umanistica, la consapevolezza. Se suoni bene, e sai perchè, poco importa con quale mezzo lo fai».

Senza rimpianti
Gli fa eco Stefano Fontana, in consolle nei locali milanesi di punta (dal Plastic ai Magazzini Generali) e apprezzato produttore con lo pseudonimo Stylophonic... «Il 1200 è stato per me ciò che la chitarra ha rappresentato per i rockers: una fonte di passione erotica, l'estetica di quel giradischi era qualcosa di supremo. Attraverso quell'oggetto sentivo la musica e ‘vedevo' il mondo che volevo mi rappresentasse, ossia la street culture newyorkese, il rap che si mischiava all'house. Ma non ne ho nostalgia e penso sia giusto che vada in pensione, i ragazzi di oggi devono poter sperimentare con la tecnologia attuale. Io ho smesso di usarlo da qualche anno senza rimpianti».

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