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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 16:03.

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Israel Horovitz, il futuro è degli uomini di coraggioIsrael Horovitz, il futuro è degli uomini di coraggio

Mentre 70 delle sue opere teatrali giravano contemporaneamente per il mondo, per celebrare, lo scorso anno, i suoi settant'anni, Israel Horovitz, è voluto ritornare a Spoleto. Città che lo lanciò sulla scena internazionale. Al Festival dei Due Mondi approdò nel 1968 con un cast di giovanissimi attori allora pressochè sconosciuti: Al Pacino, John Cazale e Jill Clayburg. Quel debutto gli portò fortuna, con l'offerta di scrivere la sceneggiatura del film ‘Fragole e sangue'. Ancor più determinante fu la conoscenza e l'amicizia nata con Samuel Beckett. Un sodalizio artistico è nato di recente col regista spoletino Andrea Paciotto col quale ha fondato una compagnia teatrale per la rappresentazione in Italia dei suoi testi ora in scena al teatro Elfo Puccini di Milano che gli dedica un'importante rassegna con tre atti unici riuniti in "Trilogia Horovitz": "L'indiano vuole il bronx", "Beiruts rocks" ed "Effetto muro". Parlano di pregiudizio razziale, di violenza, di odio, temi ricorrenti nella scrittura del drammaturgo. Affrontano anche il problema del conflitto israelo-palestinese restituito attraverso gli effetti devastanti della paura dell'altro. Sull'annoso conflitto Horovitz ha un pensiero chiaro: "Alla mia età tra israeliani e palestinesi non posso più prendere una posizione: la guerra è una pazzia e nessuno ha ragione".

I temi dei suoi testi sono cruciali nella società di oggi: ingiustizia, guerra, corruzione politica. Alcuni, come "L'indiano vuole il bronx", sono premonitori di un malessere sociale sempre più diffuso, come il razzismo, l'intolleranza. Quale, secondo lei, la radice?
Nei miei 70 anni, il razzismo è la cosa più stupida che io abbia mai visto. Le differenze tra le persone e i luoghi sono entusiasmanti, e imparare cose nuove ci permette di crescere. Purtroppo molto spesso la gente scappa di fronte a tutto ciò che è nuovo o diverso. Il razzismo scaturisce proprio dalla paura di ciò che non si conosce.

Un altro tema è la solitudine, l'isolamento. È il male principale dell'uomo di oggi?
Non so se lo è. Suppongo che il male principale sia la constatazione che tutto ciò che nasce, prima o poi muore. Potrebbe aprirsi una discussione infinita sulle cause della solitudine e dell'isolamento. La domanda fondamentale per me è: perché sono vivo? Un lavoro artistico deve in qualche modo affrontare questa domanda. Non abbiamo risposte, ma possiamo ugualmente portare un conforto alle persone semplicemente riconoscendo questo dilemma.

Alla drammaticità di alcuni testi, lei aggiunge sempre un tono d'ironia. Saper sorridere aiuta a vivere meglio, a vedere meglio?Ridere aiuta il pubblico ad entrare nel mondo della pièce. Raramente scrivo un testo che non sia allo stesso tempo divertente e serio.

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